“Una soluzione europea per ricostruire la fiducia tra Stati membri e per ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire le migrazione”. Così la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha definito il nuovo Patto su asilo e migrazione.
Si tratta di un piano che ha richiesto cinque anni di gestazione, e che prevede l’obbligatorietà della solidarietà verso i paesi più esposti alle migrazioni, ma che probabilmente non a soddisferà chi chiedeva una revisione generale della Convezione di Dublino, che assegna agli stati d’ingresso il compito di gestire e verificare lo status dei migranti e dei richiedenti asilo.
Il testo, illustrato dalla Commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson e dal Vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, prevede un sistema di “contribuzione flessibile” al meccanismo di solidarietà: gli Stati potranno scegliere se accettare il ricollocamento di migranti da altri paesi di frontiera, oppure se fornire altre forme di supporto. Il ricollocamento sarà sempre su base volontaria, ma in caso un aumento dei flussi o situazioni di crisi, verrà reso obbligatorio. “Tutti gli Stati - ha spiegato Schinas - ­ dovranno mostrare solidarietà verso i Paesi sotto pressione: potranno farlo o con i ricollocamenti, o con i rimpatri sponsorizzati”, che affidano a uno stato la responsabilità del rimpatrio di una quota di migranti dal Paese di primo ingresso.
Il meccanismo prevede due sole procedure per un migrante che entra illegalmente nell’Unione europea: l’iter standard per la richiesta di asilo, o una procedura di frontiera, più veloce, con dodici settimane al massimo per decidere sull’asilo o sul rimpatrio.
Per gli Stati membri dunque, ha spiegato al presidente della Commissione, “non si tratta pià di decidere se supportare la politica migratoria comune o meno, ma di come farlo".
Previsti anche accordi con i paesi terzi per definire i meccanismi di rimpatrio e canali legali di immigrazione, e monitoraggi indipendenti sulle eventuali violazioni dei diritti umani ai confini.
Si tratta però per ora solo di una proposta che non ha forza di legge: dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo, e superare le riserve dei paesi più restii a partecipare alla gestione comune delle migrazioni come i governi del gruppo Visegrad.

Alessandro Martegani


Foto: MMC RTV SLO
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