Foto: EPA
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L’idea di far passare i 5 Stelle come una serie di dilettanti allo sbaraglio, incapaci di gestire la cosa pubblica non è servita a nulla. La voglia di cambiamento e il desiderio di rottamare la classe politica della seconda repubblica è stata più forte. Il Movimento 5 stelle sin dalla sua nascita ha boicottato, o quasi, carta stampata e televisioni facendo passare la sua comunicazione attraverso il blog e la rete. Una strategia comunicativa vincente voluta da Grillo, o per meglio dire il suo guru Gianroberto Casaleggio.

Proprio contro il movimento di Di Maio si sono concentrate sferzanti bordate, che sono diventate incalzanti alla vigilia del voto. Loro non si sono scomposti: hanno continuato a parlare in rete e ad andare tra la gente con i banchetti e con gli attivisti, proprio come facevano una volta le forze politiche serie.

Le televisioni questa volta non sono servite nemmeno a Silvio Berlusconi che non ha più in mano le redini del centrodestra. Da consumato uomo di spettacolo all’ultimo momento ha tentato di giocare giocato la carta Tajani. Il presidente del parlamento europeo voleva essere una garanzia di fronte al dilagare della retorica della Lega.

Il nuovo leader adesso è Matteo Salvini. Lui è stato abile a rubare il terreno sotto i piedi alla destra e a cavalcare sanguinosi fatti di cronaca che hanno coinvolto i migranti. Un successo costruito sulle paure degli italiani, ma anche su una efficace campagna elettorale passata a diretto contatto con gli elettori. La sua impresa è stata quella di riuscire a trasformare un partito regionale in una forza nazionale.

Dal voto escono annichiliti il PD e tutta la sinistra italiana, senza che all’orizzonte si veda chi possa, in futuro, cercare di raccoglierne i cocci.

Ancora una volta l’Italia dimostra d’essere un laboratorio politico interessantissimo, così, dopo il berlusconismo, a cui molti leader politici in giro per il mondo devono molto, adesso vanno in scena quelli che altezzosamente vengono bollati come populismi.