La stazione di Santa Lucia. Quadro di Giulio Ruzzier Foto: Facebook/Giulio Ruzzier
La stazione di Santa Lucia. Quadro di Giulio Ruzzier Foto: Facebook/Giulio Ruzzier

Andiamo con ordine. Da decenni la questione del nome di Santa Lucia è in cima all’agenda della comunità nazionale. La vicenda aveva fatto surriscaldare il clima politico negli ultimi mesi dello scorso mandato, quando proprio gli esponenti della minoranza avevano chiesto di ritornare al vecchio toponimo, cambiato con un decreto negli anni Sessanta.

Un ampio fronte aveva detto chiaramente che non ne voleva sapere di rimettere Sveta Lucija. Proprio in Consiglio comunale ed anche sui social si era accesa una infuocata polemica con tinte che sembravano quelle dell’immediato dopoguerra. A non lasciare la porta completamente chiusa per una soluzione, però, furono anche alcuni dei più acerrimi difensori di Lucija. Proprio loro avevano dato intendere che non avrebbero avuto nulla in contrario se la santa fosse tornata solo nella versione italiana. La logica seguita era stata quella che ogni comunità aveva il diritto di scegliersi autonomamente il nome con cui chiamare quella località, che per gli sloveni era oramai diventata Lucija, mentre per gli italiani era sempre rimasta Santa Lucia. Una tesi suffragata, in campagna elettorale, anche dal sindaco Andrej Korenika. Ora per dimostrare che diceva sul serio ha avanzato una proposta che va proprio in questo senso.

L’idea di affrontare subito lo spinoso problema è nata nel corso di un incontro con il vicesindaco italiano Christian Poletti, che ha posto tra le sue priorità proprio la faccenda del nome storico della località. Alla riunione era presente anche Manuela Rojec, che dopo avere lavorato per risolvere la faccenda nello scorso mandato come vicesindaco della minoranza, ora ricopre lo stesso ruolo in quota, però, del Movimento Libertà. Della questione non si è ancora discusso all’interno della coalizione cittadina, ma considerata la maggioranza su cui può contare il sindaco e l'ampio numero di italiani presenti in consiglio comunale, c’è chi assicura che non dovrebbero esserci problemi per ottenere i voti necessari per procedere.

Ora tutto è in mano alla Comunità autogestita di Pirano, che deve decidere se prendere Santa Lucia o incaponirsi per chiedere la modifica della denominazione in entrambe le lingue. In questo caso ci sarebbe un referendum, che rischierebbe di trasformarsi in una guerra etnica e che si risolverebbe molto probabilmente in una sonora sconfitta per i sostenitori del ritorno di Santa Lucia.

A Pirano gli equilibri nella Comunità autogestita sono precari. I molti galletti nel pollaio si stanno azzuffando a colpi di denuncia alla Commissione anticorruzione (che oramai vista la quantità di ricorsi avrà aperto un ufficio che si occupa solo della minoranza italiana). Nel marasma generale l’organismo dovrà decidere come e quando procedere. Le posizioni sulla questione sembrano essere mobili. La riflessione che si farà a Casa Tartini rischia di tenere più conto degli interessi dei vari clan che si scontrano a Pirano per il controllo della minoranza, che di quelli della comunità italiana. Quello che sta passando, però, rischia di essere proprio l’ultimo tram. Così se Lucia rimarrà Lucia in ambo le lingue la responsabilità, a questo punto, sarà solo ed esclusivamente dell’establishment minoritario piranese.

Stefano Lusa