Foto: BoBo/Borut Živulović
Foto: BoBo/Borut Živulović

Per defenestrare il ministro ci sarebbero voluti 46 voti, ne sono arrivati 43, ma per la prima volta, su quattro mozioni di sfiducia in rapida successione, il governo è stato messo in minoranza. Al momento la coalizione in aula può contare su 38 deputati, sull’appoggio esterno dei tre parlamentari del partito nazionale e molto probabilmente anche su Robert Polnar del Desus. In tutto 42 uomini, uno in meno dell’opposizione dopo che i transfughi del Partito del Centro Moderno e del Desus sono andati a costituire un nuovo gruppo parlamentare.

Le sorti del governo ora sono nelle mani di cinque uomini, che al momento del voto sulla mozione di sfiducia contro il ministro della cultura, hanno preferito non presentarsi in aula: tre parlamentari del Partito dei pensionati ed i due deputati delle minoranze nazionali. I primi, dopo la decisione del loro partito di abbandonare il governo, hanno continuato a ripetere che intendono giocare il ruolo di opposizione “costruttiva”; mentre i deputati delle minoranze hanno assicurato che non voglono essere l’ago della bilancia.

La prossima partita si giocherà sulla presidenza della Camera, una funzione che tradizionalmente è in mano alla coalizione di governo. Zorčič ha già annunciato che non intende dimettersi. Per defenestrarlo ci vogliono 46 voti.

Sullo sfondo della crisi politica intanto c’è quella sanitaria. Anche qui il confronto tra governo ed opposizione è senza esclusione di colpi, tanto che le parti faticano a parlarsi, anche con la mediazione del Capo dello Stato, Borut Pahor. Il premier, Janez Janša, del resto, in tutti questi mesi - come nel 2012, quando la sua maggioranza si sgretolò – non ha fatto nulla per cercare di disinnescare lo scontro con alleati, ex alleati ed opposizione.

Stefano Lusa