Foto: Ervin Čurlič
Foto: Ervin Čurlič

Il ministro dell’Interno, Aleš Hojs dopo la stretta ai confini ha dovuto sorbirsi le lamentele di deputati, sindaci ed politici vari. A tirarlo per la giacca anche i rappresentanti delle minoranze che hanno fatto sentire senza timore la loro voce.

Il risultato è stato: niente tampone per andare ad una riunione, per portare un bimbo a scuola o a fare sport dall’altra parte della frontiera. Il test negativo serve per andare dai parenti, a fare manutenzione a case e campi o a lavorare.

Non è tutto quello che gli esponenti delle comunità nazionali avrebbero voluto, ma è comunque abbastanza, soprattutto se si considera che fino alla scorsa settimana i viaggi erano pressoché interdetti. Da lunedì chi vive alla frontiera potrà cominciare a muoversi ancora più liberamente, almeno per quanto la Slovenia. Nulla cambia invece per Italia e Croazia, dove le limitazioni imposte restano così com’erano. Ancora una volta ognuno fa un po’ come gli pare, questo avviene dall’inizio della pandemia. Gli incontri dei presidenti della repubblica ed anche quelli dei ministri degli esteri, per ora non sono sembrati servire molto, almeno per quanto riguarda la gestione comune del confine.

In ogni modo da lunedì si riparte più liberi. In regione riapriranno anche i dehors dei bar. La questione è stata al centro di un serrato dibattito politico in Slovenia ed anche nel resto d’Europa. Varrà la pena ricordare però che i numeri ci dicono che i pericoli non sono diminuiti. Distanziamento, mascherine e soprattutto i vaccini restano gli strumenti per fermare la pandemia. Varrà la pena di ricordarlo, quando ci siederemo al bar a prendere il caffè.

Stefano Lusa