Furio Radin Foto: La voce del popolo/Željko Jerneić
Furio Radin Foto: La voce del popolo/Željko Jerneić

Alla fine, 35 voti in più hanno decretato la vittoria di Radin. 971 elettori hanno optato per esperienza, competenza, abilità; 936 hanno invece scelto il cambiamento rappresentato da Corrado Dussich che al di là della sconfitta può considerarsi soddisfatto del risultato raggiunto. Deve sicuramente, esser grato a quella parte di elettori stanchi di Radin, ma deve ringraziare soprattutto quei connazionali che hanno saputo far rete e, che contrariamente ai silenti sostenitori del deputato uscente, lo hanno promosso dappertutto. Anche in quegli organismi dello stato, come il Consiglio istriano della minoranza italiana, dove forse non l’avrebbero dovuto fare.

Radin ha dovuto fare i conti con 32 anni di carriera parlamentare, un fenomeno unico e inarrivabile, ricordato -spesso- anche in ambito nazionale. Dussich è stato castigato invece dalla sua inesperienza, ingenuità politica e demagogia dimostrate in campagna elettorale. “Chi te prometti la luna te darà formaggio”, si dice da queste parti. Il locale centro diurno per anziani nella sua Buie, il rilancio del Trattato italo-croato sulle minoranze, gli esami di maturità, l’equipollenza dei titoli di studio che prometteva di risolvere, non gli sono bastati. Con 35 voti in più ha vinto il pragmatismo, la concretezza ed il realismo di chi – nel bene o nel male- combatte da oltre trent’anni per la crescita e la rispettabilità della CNI. Facciamo gli auguri ad entrambi. Dussich è riuscito ad emergere più di tanti altri candidati rilevanti del passato. Radin ha vinto ancora una volta. Alla componente italiana e alle sue istituzioni- invece- il compito di analizzare -come si deve - la polarizzazione, la netta spaccatura del suo corpo elettorale.

Lionella Pausin Acquavita