Foto: Red Land (Rosso Istria)
Foto: Red Land (Rosso Istria)

Era una storia che si doveva raccontare. Le ultime ore di Norma Cossetto fanno inorridire: seviziata, violentata e poi gettata in una foiba. Quando il suo corpo venne riesumato non furono rinvenute tracce di colpi d'arma da fuoco, ma un pezzo di legno conficcato nei genitali. Probabilmente in quella foiba ci finì da viva. Norma era la figlia di un maggiorente locale del partito fascista e pagò per suo padre, ma anche per non aver voluto collaborare con quelli che sarebbero diventati i suoi aguzzini.

La vicenda narrata nel film non è però questa o almeno non è solo questa. Per dirla con le parole della protagonista Selene Gandini, si tratta della storia di una farfalla, che piano piano perde la polverina dalle sue ali, ma che inizialmente vola. La pellicola, infatti, parla anche della gioia di vivere di quella giovane ragazza.

Il film verrà proiettato per la prima volta a Roma il prossimo 6 novembre, ma da quello che si è potuto capire, le ultime settimane di vita di Norma Cossetto sono raccontate con garbo, senza insistere inutilmente sui particolari più raccapriccianti e truculenti.

Un cast di buon livello, una buona sceneggiatura, una bella fotografia sembrano promettere che la nuova produzione sulle vicende al confine orientale sarà artisticamente distante anni luce da "Il cuore nel pozzo", il primo e malriuscito tentativo di portare sullo schermo il dramma degli esuli.

Norma Cossetto finisce gli esami a Padova e torna a casa per lavorare alla sua tesi di laurea dedicata all'Istria. L'8 settembre del 1943 venne accolto con gioia a Visinada il mondo in cui dove Norma vive con la sua famiglia. Per molti la guerra è finita, ma per altri invece il mondo sembra crollare. Il padre di norma è a Trieste, lui non tentenna e rimane fedele al Duce. La popolazione croata, a cui nel periodo fascista era stato negato l'uso della lingua e che aveva subito un processi di italianizzazione forzata, comincia ad avere la consapevolezza che tutto sarebbe cambiato. Arrivano i primi agitatori partigiani. Mate, un croato di Ragusa, mandato in zona dai comunisti di Tito, comincia a dettare legge. E' comunista, ma soprattutto non nasconde le sue antipatie nei confronti degli italiani, anche per quelli che stanno dalla sua parte. Diventeranno docili strumenti nelle sue mani prima di accorgersi di essere stati gabbati. Tutto è caotico, disorganizzato. Il suo non è un esercito, ma un branco di squilibrati sbandati.

Da Roma non arrivano ordini. L'esercito italiano si sta oramai dissolvendo, le diserzioni sono all'ordine del giorno. C'è chi tenta di tornare a casa, chi decide di rimanere con i tedeschi e chi cerca di entrare nella resistenza. Nel caos Mate e i suoi uomini fanno il bello ed il cattivo tempo sinché i nazisti non decidono di prendersi l'Istria. Nel frattempo nella piccola comunità di Visinada ci sono tanti piccoli drammi personali, fatti di ideali e tradimenti. C'è chi resta fascista e spera nel ritorno del Duce, chi si scopre comunista e chi era scettico prima e scettico rimane. In quel girone infernale la percezione del pericolo viene lenita dalla convinzione che nulla di terribile accadrà se si rimarrà asserragliati tra le mura domestiche. Quelle mura che non protessero Norma. Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre venne fermata dai partigiani. Da lei vogliono informazioni. Quando gli uomini di Hitler sono oramai alle porte inizia il suo calvario che finirà nella foiba di Villa Surani.

Il crimine non ha colore

Il film, ovviamente fa gioire il mondo della diaspora, che vede così rappresentato uno dei suoi simboli più sacri: Norma Cossetto. Sarà una pellicola che farà, probabilmente, piangere più di qualcuno che ha vissuto quelle vicende e che verrà guardata con grande interesse nelle associazioni degli esuli. Bisognerà vedere quanto girerà fuori dai circuiti istituzionali e quale impatto avrà su un pubblico più vasto. Questa sembra adesso la prova più difficile da superare. Il film rischia di suscitare più interesse in Slovenia e Croazia, che in Italia, come è già accaduto per "Il cuore nel pozzo", quando fiumi di inchiostro vennero spesi per sottolineare le malefatte italiane durante la seconda guerra mondiale e le colpe del fascismo. Non mancò nemmeno l'irritazione per quello che venne denunciato come un tentativo di far passare sloveni e croati per dei criminali.

Il film su Norma Cossetto, forse oggi a dodici anni di distanza, non getterà altra benzina sul fuoco, ma sicuramente non passerà inosservato e in quest'area non verrà accolto tra l'entusiasmo generale. Le associazioni dei reduci storceranno il naso. Non mancheranno coloro che ribadiranno che il trattamento subito dalle popolazioni slovene e croate fu anche peggiore. Sarà impossibile negare però che quella faccenda è realmente accaduta e che Norma Cossetto non avrebbe meritato di morire e tanto meno in una maniera così atroce. Nessuno, del resto, nella pellicola, mette direttamente sotto accusa la resistenza. Il dito è puntato contro gli aguzzini di Norma Cossetto, che fecero sfoggio delle peggiori pulsioni proprie di criminali psicopatici. Alla fine almeno su un punto, però, si potrebbe trovare un accordo al di là della propria interpretazione degli eventi storici: indipendentemente dalla sua appartenenza etnica, la sua ideologia o la sua divisa un criminale resta semplicemente un criminale e i suoi atti devono essere giudicati per quello che sono.

Stefano Lusa