Foto: MMC RTV SLO/Kaja Sajovic
Foto: MMC RTV SLO/Kaja Sajovic

Per Janša si tratta della solita congiura ordita dagli uomini del vecchio regime, che riescono mobilitare i propri alleati in giro per l'Europa al solo scopo di arrecare danno a lui ed alla Slovenia. I suoi detrattori invece dicono che bisogna frenare a tutti i costi le sue mire autoritarie ed evitare l'allineamento con i paesi più retrogradi dell’Europa dell’Est.

Intanto la Slovenia a livello internazionale oramai sembra rientrare sempre più nel novero delle democrazie illiberali, tanto che il parlamento europeo disciterà della sua libertà di stampa assieme alla situazione in Polonia e Ungheria. Non è una bella compagnia.

Sul fronte interno, non si sono ancora placate le polemiche dopo l’intervista della ministra della giustizia Lilijana Kozlovič, alla TV nazionale. Quando le hanno chiesto di rendere conto della mancata nomina di una serie di magistrati, lei ha timidamente detto di domandare al premier Janez Janša. A parlare però sono stati i suoi silenzi e i suoi occhi sbarrati dietro la mascherina. L'immagine non era tanto quella di un ministro della repubblica nel pieno delle sue funzioni, ma quella di una donna che aveva paura del suo capo. L’esponete capodistriana del Partito del Centro Moderno non ha fatto un favore al premier e tantomeno all’alleanza di governo.

Intanto per una volta è salta anche la maggioranza alla camera. Bocciata la norma che voleva chiedere nazionalità, religione e lingua materna ad ogni cambio di residenza. Il provvedimento inserito nella legge su proposta del Partito nazionale, era stato supportato dai Democratici. Contrarie tutte le altre forze politiche in parlamento, deputati delle minoranze compresi, che hanno preferito evitare questo pericoloso tipo di schedatura.

Sul fronte della lotta alla pandemia, invece, si chiudono nuovamente i confini. In Slovenia si è oramai diffusa la variante inglese del virus, ma hanno fatto la loro comparsa anche il ceppo sudafricano e quello nigeriano. Quest’ultimi due sarebbero stati portati da una serie di persone di ritorno dalla Namibia e dall’isola di Zanzibar. Dalla prossima settimana, quindi, tamponi ogni sette giorni anche per i lavoratori transfrontalieri.

Stefano Lusa