È carico d'anni e di edizioni il Seminario di lingua cultura italiana, ma la sua funzione non è venuta meno. Dopo un periodo di difficoltà l'iniziativa, che affonda la sua origine addirittura nel Memorandum di Londra, sta anzi riprendendo quota, e a dimostrarlo c'è l'ampia adesione ottenuta da questo ultimo appuntamento: tre giorni di formazione dedicati alla didattica della lingua, con esperti di grande esperienza, che hanno visto la partecipazione di oltre 70 corsisti, una platea variegata di insegnanti dalla materna alle superiori, compresi alcuni docenti di italiano in servizio nelle scuole slovene. Una presenza, quella degli insegnanti degli istituti della maggioranza, particolarmente caldeggiata dalla Can costiera, ente che ha supportato insieme all'Università popolare di Trieste la realizzazione del Seminario, affidato per l'organizzazione al Consolato generale d'Italia e alla sede di Capodistria dell'Istituto dell'educazione.

Ieri il presidente della Costiera Alberto Scheriani non ha mancato di sottolineare che le scuole sono "la base della nostra comunità", auspicando nel contempo che si possa potenziare l'insegnamento dell'italiano negli istituti sloveni; "perché è chiaro", come afferma da parte sua anche il consulente pedagogico Sergio Crasnich, "che la lingua minoritaria riesce a vivificarsi e a espandersi se viene capita, accettata e utilizzata anche nel contesto della maggioranza". In questo senso il deputato Felice Žiža, intervenuto alla chiusura del Seminario, ha ricordato l'intensa collaborazione portata avanti con l'Istituto dell'educazione; i primi risultati si concretizzeranno nel settembre 2022 a livello del primo triennio della primaria slovena con l'introduzione di un curricolo di italiano integrato e rivisto, e l'adozione di libri di testo pubblicati in Italia.

"Per rendere effettivamente paritaria la lingua c'è da lavorare", ha concordato il console Giovanni Coviello, che ha confermato all'Istituto "la vicinanza del Consolato generale anche per quanto riguarda l'istruzione e la formazione". A sua volta la dirigente dell'Istituto Alica Prinčič Roehler si è augurata che le istituzioni coinvolte "possano garantire appuntamenti di questa qualità e durata" anche in futuro, nella certezza che il Seminario abbia rappresentato ancora una volta un'occasione "di proficuo aggiornamento professionale e di piacevole interazione fra colleghi".

A suggellare l'incontro di Portorose, il dialogo - curato da Arturo Campanella, già consulente pedagogico di parte italiana - con l'ospite d'onore Angelo Floramo, studioso raffinato di storia medievale, narratore innamorato del suo Friuli e della cultura plurale delle nostre terre di frontiera, ma innanzitutto docente. Così, in primis, il professor Floramo, invitato ieri a discorrere di "Lingua e letteratura oltre i confini", desidera essere presentato, convinto com'è che insegnare resti il mestiere più bello del mondo. "La scuola - ci spiega - è il luogo in cui si formano i cittadini, non quelli di domani ma quelli di oggi. E il ruolo della scuola non è quello di comunicare delle idee o di 'macinare' dentro la testa degli studenti loro malgrado tutta una serie di informazioni e di nozioni, ma di condividere con loro delle suggestioni. Io ho la fortuna di farlo dalle otto di mattina all'una (al Magrini Marchetti di Gemona, ndr.) con ragazzi che hanno un'età dai 14 ai 19 anni, e quindi con quel tessuto che è davvero il più vivo, più effervescente e più fervido, del quale nutro grandi prospettive. Sono un ottimista. Penso che se la nostra generazione ha fatto il peggio di sé, loro non possono fare altro che migliorarla, cercando di impostare la loro vita su paramentri che siano quelli di accoglienza, inclusione, condivisione, e non certo di chiusura o di sospetto".

 Foto di Mariella Mehle, La Voce del Popolo
Foto di Mariella Mehle, La Voce del Popolo