Foto: Radio Capodistria
Foto: Radio Capodistria

Sono trascorsi quasi quattro secoli da quando, nel lontano 1640, i capodistriani decisero di erigere nell'area di Semedella una chiesa dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, che aveva ascoltato le loro suppliche e gli aveva liberati dalla peste. Da quella volta i capodistriani, ogni anno, la seconda domenica dopo Pasqua, si recano in questo luogo per omaggiare la Madonna.

Ed anche questa domenica, rimasti ed esuli, si sono ritrovati, come ormai fanno da anni, a ripetere questo antico rito religioso, che assume un forte connotato identitario. Una forma di resilienza che si palesa anche visivamente con lo scorcio che accoglie i visitatori, caratterizzato dall'antica chiesetta circondata, dai tempi del Regime, da un deposito di camion e autobus.

Il Presidente della Fameia dei Capodistriani, Piero Sardos Albertini ci dice di ritenere "importantissima questa forma di resilienza, che significa non abbandonare le cose buone che si trovano alle nostre spalle e che a causa delle vicende storiche dell'ultimo dopoguerra erano praticamente scomparse". "Questo parcheggio che soffoca la Chiesa ne è la testimonianza", osserva anche lui, augurandosi che lo spazio che un tempo circondava l'edificio venga restituito a questo secolare luogo di culto. "Importante", comunque, conclude Sardos Albertini, che "un discorso come quello di oggi sia portato avanti insieme da esuli e rimasti: capodistriani che giorno dopo giorno cercano di fare qualche passo in più".

Un momento di festa che ha visto la partecipazione di più di un centinaio di persone che hanno preso parte, prima del momento conviviale, alla Santa Messa. Tra questi anche Anna Francesconi della locale Comunità degli italiani: "La religione è sempre un momento che unisce le persone, perché punta sui valori della sincerità, della generosità e del perdono e questo diciamo che aiuta molto a ritrovarsi, sempre".

Barbara Costamagna