Due sono le domande che, qui in Slovenia, ci assillano all’inizio di questo 2021; anno nato all’ insegna della speranza ma che, pare, non sia altro che la continuazione del funesto 2020.
Una domanda riguarda la politica, e precisamente il progetto della variegata sinistra, gravitante intorno al riciclato nuovo leader del Desus (pensionati), Karl Erjavec. Nata non per dare una mano per affrontare la pandemia, ma per scardinare il governo Janša, su questioni ideologiche, di cui, tra parentesi, in questo momento non ci importa un gran che. Per adesso l’unica cosa che ha prodotto, la variegata alleanza di giovani e pensionati, sono le dimissioni del ministro alla salute e l’ azzoppamento della coalizione di governo.
L’ altra domanda, che ci assilla più della prima, è legata alla situazione epidemiologica nel paese, stabilmente alta, troppo alta, già da mesi malgrado il lungo lockdown di gran parte delle attività commerciali e culturali nel paese, per non parlare della dimensione transfrontaliera praticamente cancellata. Il tasso dei contagiati giornalieri per covid ci pone sulla non invidiabile vetta dei paesi europei. La risposta a questa domanda non può essere univoca, non sta soltanto nell’ atteggiamento bizzarro dei cittadini, che si ostinano ad assembrarsi in festini privati e in più o meno improvvisate manifestazioni pubbliche, in barba alle indicazioni degli esperti e ai divieti del governo. Ma una parte, importante della risposta sta probabilmente anche nella difficoltà del governo di equilibrare le sensate chiusure, per contenere i contagi, con altrettanto sensate aperture per ridare ossigeno e ottimismo ai cittadini. Insomma, ci preoccupa l’incapacità del governo di farsi rispettare, le sue contraddizioni nel lanciare i messaggi. Ma ancora di più ci preoccupano le debolezze di un’alternativa politica, incapace di uscire dalla vecchia retorica di cui siamo testimoni già da decenni. Speriamo che almeno i vaccini funzionino.

Aljoša Curavić