Il martire fascista racconta la storia del maestro Sottosanti, che alla fine degli anni Venti si trasferisce in un paesino sloveno del Vipacco vicino Gorizia, annesso all’ Italia dopo la prima guerra. All’ inizio dell’ anno scolastico del 1930 il maestro siciliano, fascista di fede, viene ucciso in un agguato dagli antifascisti sloveni. Su di lui pesavano terribili sospetti di maltrattamenti nei confronti dei bambini. L’ autore, Adriano Sofri, mette insieme, con perizia ed efficacia, le testimonianze, le cronache giornalistiche e giudiziarie del tempo, jugoslave e italiane, per ricostruire un caso che poi si rivelerà un incredibile scambio di persona, che spiazza sia i fascisti che gli antifascisti. Uno scambio di persona che si appiccicherà, come una beffa del destino, su uno dei figli della vittima, che, molti anni dopo, si troverà implicato, anche lui in uno scambio di persona, nella strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, la madre di tutte le stragi dell’ Italia post bellica. Come a dire, che è difficile fuggire dall’ ombra ingombrante dei padri.
Lungo tutta la storia narrata dal libro, aleggiano, fastidiosi e terribili, fra realtà e propaganda, gli sputi tisici in bocca ai bambini sloveni che non volevano imparare l’italiano. Come una metafora della bonifica etnica, dell’abominevole tentativo del regime fascista di cancellare la lingua slovena dal territorio. Una metafora documentata, in una situazione specularmente opposta e a parti invertite, nel libro, citato da Sofri, Bora, Istria il vento dell’ esilio, di Annamaria Mori e Nelida Milani. Altra storia, altre ombre, altri padri. Altri martiri di altre dittature. Ma questo lo dico io, non il libro di Sofri.

Aljoša Curavić