E’ proprio vero: una lingua, se non la parli, muore. Le città dove parlano la tua lingua madre sono belle anche per questo, perché ti danno la sensazione di essere vivo. Nei bar, dove puoi leggere quotidiani e ascoltare le radio nella tua lingua, ti senti a casa. Perché la lingua è in un certo qual modo la tua casa. Anche i cartelloni pubblicitari ti danno meno fastidio. Può succedere di incontrare la tua lingua ancora viva anche dove non necessariamente devono parlarla o capirla, semplicemente per l’ innata cortesia di chi ti ospita o per interesse. Ma è difficile che ciò succeda nel capodistriano.
Ogni mattina prendo il caffè in uno dei non pochi bar della mia città.
Al bar, di solito, c’è l’ abitudine di ascoltare la radio o leggere qualche quotidiano. Ogni mattina noto che le radio e le tv dei bar non sono mai, neanche per caso, sintonizzati sui programmi italiani e, a parte la Voce del popolo nel bar della comunità degli italiani, non c’è un quotidiano o una rivista in lingua italiana da leggere insieme ai giornali in lingua slovena. Ci fosse almeno uno di quei bigliettini patinati dei Baci Perugina! Ma neanche quelli. Ok, mi dico, non c’è nessuna legge che lo imponga, è una questione di libera scelta, dettata da tanti fattori, anche economici : la carta stampata è cara, non tira più; o umorali: forse per qualcuno la lingua italiana ascoltata al mattino è fastidiosa.
La domanda che mi faccio oggi è se siamo veramente convinti della necessità di tutelare la lingua italiana come il più prezioso patrimonio culturale della minoranza italiana autoctona in Slovenia e Croazia. La città di Capodistria, come del resto tutto il litorale sloveno e gran parte dell’ Istria Croata, è bilingue per statuto, leggi e costituzione. Ma la cosa si ferma qui.
Ci lasciamo alle spalle la settimana della lingua italiana nel mondo e quindi è lecito farsi questa domanda. Soprattutto nell’ area alto adriatica sloveno croata, dove di anno in anno si segnala un decadimento della lingua italiana in termini di appeal, di studio e di presenza. E’ un paradosso, perché nel resto del mondo l’italiano è una delle lingue più amate e studiate. E anche una beffa, se pensiamo che di anno in anno cresce il numero di cittadini italiani del vicino Friuli Venezia Giulia e delle altre regioni italiane che decidono di prendere residenza nel litorale sloveno, e, presumibilmente, anche nella vicina Istria croata.
La lingua batte dove il dente duole. Dicono. Speriamo di avere ancora qualche dente fra qualche anno.

Aljoša Curavić