Un nuovo importante riconoscimento agli sforzi profusi nel mantenimento della qualità basata su una tradizione millenarie che inorgoglisce, non solo i premiati ma tutti gli olivicoltori della penisola che dal 2016 si porta a casa il titolo di "migliore regione olivicola al mondo".
A decretarlo la cosiddetta Bibbia dell'extravergine ovvero la Flos olei, guida internazionale dedicata alle aziende di produzione olearia di tutto il mondo e ai loro oli extravergine di oliva selezionati, con criteri di assoluto rigore da un panel di esperti assaggiatori coordinato da Marco Oreggia, curatore e insieme editore del volume.
Dei 500 oli provenienti da 53 paesi, catalogati per l'edizione 2020 ben 77 sono istriani e tra questi ne figurano tre che hanno ottenuto il massimo punteggio dei voti che arrivano a 98. "Si tratta dei prodotti dei frantoi Ipša, Mate e Olea BB con quest'ultimo a portarsi a casa pure il premio Azienda del cuore" racconta il direttore dell'Ufficio per il turismo della Regione Istriana, Denis Ivošević che non nascondendo soddisfazione rileva "Oltre che aver confermato la qualità per il quinto anno consecutiva siamo andati oltre raggiungendo punteggi ancora maggiori".

Un risultato che va a braccetto con la promozione turistica e la creazione di quell'offerta che si basa sull'ospitalità e i servizi, ma vuole promuovere prodotti autoctoni di questa terra ed anche perciò rileva Ivošević "l'olio d'oliva, con le sue immense potenzialità, è stato pensato come un progetto turistico ma parallelamente abbiamo investito molto nell'educazione e proprio questa è stata fondamentale perché siamo riusciti ad agganciare tutte le nozioni, le informazioni all'avanguardia che una volta inserite nel settore hanno portato a quel binomio turismo-olio d' oliva che è vincente e che posiziona la nostra regione come una delle migliori destinazioni gastronomiche".

Nota fin dai tempi degli antichi romani per il suo "oro che cola", l'olivicoltura istriana ha conosciuto alti e bassi, la maggior stasi -rispetto alle altre aree del mondo- si è registrata nel periodo del secondo dopoguerra e solo nei primi anni '90 è stato avviato un progetto di rilancio del settore. Dalle 150 mila piante registrate nel 1988 e alle 420 mila nel 2003, si è arrivati a contare oggi un milione e 200 mila ulivi appartenenti per lo più a specie autoctone quali: busa, carbonere, rosignola e bianchera istriana.

Lionella Pausin Acquavita

Foto: AP
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