C’è chi, come i buiesi Max e Luka, non ha fatto passare nemmeno un giorno e già ieri pomeriggio è andato subito a Portorose per un aperitivo e per rivedere gli amici. “Io ho fatto la Media superiore in Slovenia, lui è iscritto alla Facoltà di turismo e dunque gran parte della nostra compagnia sta dall’altra parte del confine”, ci raccontano i due giovani che frequentano con assiduità il centro turistico ma anche le altre località del litorale sloveno. “Finalmente! Non se ne poteva più, anche perché il solo fatto di non poter circolare, andare nei soliti luoghi, era frustrante per noi, ma identiche sono le sensazioni dei nostri amici che - dall’altra parte- non potevano venire da noi”, ci dicono i due giovani che, probabilmente complice la spensieratezza che deriva dall’età, sembrano aver già dimenticato le disposizioni dello scorso marzo che vietavano non solo i passaggi di confine ma anche quelli da comune a comune.
Il senso di sollievo arriva però anche dalla parte opposta. Lo confermano l’isolana Mirela e suo marito che abbiamo incontrato ieri sera in un locale del buiese . “Siamo corsi a Baderna a trovare mia cognata, la sorella anziana di Zvonko, che non vediamo da agosto e la tappa in questa pizzeria - che per noi è ormai tradizione al rientro - in quest’occasione è stata obbligatoria per incontrare amici di lunga data; lavorando entrambi non potevamo permetterci le due settimane d’isolamento che ci erano imposte al rientro in Slovenia”, spiega Mirela che non risparmia critiche al governo di Lubiana e dice: “Hanno permesso però la circolazione ai ricchi” riferendosi alle 48 ore di permesso concesse agli sloveni che hanno seconda casa in Croazia. Constatazione che ha provocato uno scambio di battute con alcuni clienti dei tavoli vicini che, naturalmente, le hanno dato ragione e hanno commentato ironicamente: “ci si può infettare e poi diventare untori in molto meno di due giornate”.
Generalmente, le decisioni di Lubiana, che ha ricollocato la Regione istriana in zona arancione, sono state accolte in modo positivo nell’area, anche se c’è qualcuno come Dalibor - incontrato stamattina a Umago- che si dichiara disinteressato e dice: “Per me possono continuare a tenerli chiusi i confini, tanto alla fine fanno sempre quello che vogliono”. Una punta di rancore e risentimento - che abbiamo percepito pure in altre persone sentite - nei confronti della Slovenia che a metà agosto si era isolata diventando off limits per i cittadini croati.
Noi in Istria - ci dice la signora Giuliana di Salvore- abbiamo mantenuto sempre basso il livello dei contagi e il numero dei casi attivi, perciò i nostri vicini avrebbero dovuto adottare un approccio selettivo, diversificato da regione e regione”. Un commento con il quale concorda la stragrande maggioranza degli interlocutori tra i quali c’è una minoranza che ora auspicherebbe l’introduzione del certificato di negatività per gli sloveni che vengono nell’Istria croata e altri - e sono in numero maggiore - che definiscono la riapertura delle frontiere una vera liberazione!
“Per la Slovenia c’è voluto un po’ di tempo, ma alla fine hanno capito; rimane vergognoso il comportamento dell’Italia e specie del Friuli-Venezia Giulia, regione che poi vanta uno statuto speciale; parlano di sostegno e appoggio alla Comunità italiana e poi cosa fanno? Ci ostacolano i contatti con la Madrepatria”, afferma indispettito Sergio di Parenzo che al nostro appunto su come pure l’Istria fosse interdetta a triestini e friulani fino a giugno risponde: “La situazione era diversa ma ora nessuno mi può convincere che gli istriani, con i sette o otto casi attivi, possono minacciare la sicurezza e la salute dell’ Italia e del FVG; perciò se ci tengono alla specificità di quest’ area in cui si parla e coltiva ancora la cultura italiana si diano una mossa e dimostrino con i fatti quella sensibilità di cui hanno la bocca piena”.

Lionella Pausin Acquavita

Foto: BoBo/Borut Živulović
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