Foto: Ilaria Alpi e Marin Hrovatin
Foto: Ilaria Alpi e Marin Hrovatin

È il 20 marzo 1994, una domenica, Ilaria e Marin perdono la vita. Oggi, 30 anni dopo, tra commissioni parlamentari, presunti tentativi di depistaggio e incarcerazioni, “la battaglia per la verità va avanti”. Lei era laureata in lingua araba all’Università del Cairo, conosceva bene il mondo islamico e la Somalia, lavorava sui traffici illeciti di ogni tipo. Quando venne uccisa assieme all’operatore Hrovatin, si stava occupando del traffico illecito di armi e rifiuti tossici tra Somalia e Italia. “A trent’anni dall’agguato mortale che spezzò le vite di Ilaria Alpi e Marin Hrovatin, il loro ricordo è presente come nei giorni drammatici in cui la terribile notizia da Mogadiscio piombò sul nostro Paese” ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Gli assassini e i mandanti sono ancora senza nome e senza volto dopo indagini, ritrattazioni, processi finiti nel nulla. È una ferita che riguarda l’intera società” ha continuato, sottolineando che le Istituzioni sanno che non ci si può mai arrendere nella ricerca della verità. Ma una “verità giudiziaria” non c’è mai stata. Non ha portato frutti nemmeno la Commissione parlamentare d’Inchiesta, basata su fatti poi smentiti, a cominciare dall’identificazione dell’automobile su cui viaggiavano i due inviati. “Il valore dell’autonomia della stampa libera è sotto attacco in tante parti del mondo. Molti giornalisti pagano con la vita la loro indipendenza dai poteri, la loro ricerca di verità. Il ricordo di Alpi e Hrovatin suona anche impegno, a rimuovere gli ostacoli alla libertà di informazione, ovunque si manifestino", ha concluso Mattarella. La Camera dei deputati ricorderà le due vittime con una commemorazione in aula, come dichiarato dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, “non vanno dimenticati, appartengono al novero di coloro che per garantire il diritto all’informazione e alla libertà hanno dato la vita”.

B.Ž.