Un rinvio di un anno e indennizzi adeguati per chi non dovesse riottenere le concessioni. Sono questi i due binari su cui si è svolta la trattativa sulle concessioni balneari, uno dei temi che negli ultimi mesi aveva diviso la maggioranza.
Per decenni le concessioni per gestire gli impianti balneari sulle spiagge, che rimangono demanio dello Stato, erano state prorogate, ma i continui richiami di Bruxelles che chiedeva di dare il via a gare periodiche per l’assegnazione delle concessioni avevano costretto il governo a mettere mano alla vicenda, che però, come previsto, si era dimostrata molto difficile da gestire.
Fratelli d’Italia, ma anche forze di maggioranza come Lega e Forza Italia, avevano chiesto delle proroghe e soprattutto dei meccanismi d’indennizzo, sottolineando come le imprese avessero investito per decenni nelle aree messe a gara.
Il governo, temendo una divisione in maggioranza sul tema, ha quindi presentato, in vista della discussione in aula al Senato di fine mese, una soluzione che allunga di un anno il termine per concludere le gare, al 31 dicembre 2024, e prevede degli indennizzi per le aziende balneari che non ottenessero il rinnovo, calcolati "sulla base delle scritture contabili" o "di una perizia giurata redatta da un professionista abilitato, che ne attesta la consistenza", vale a dire sul valore reale delle strutture. L’indennizzo però sarebbe "a carico del concessionario subentrante", che dovrà quindi pagare all’uscente una cifra pari al “valore residuo dei beni immobili oggetto di investimenti”; naturalmente si parla di immobili regolari e non di quelli realizzati in modo abusivo, esclusi esplicitamente, se ce ne fosse bisogno, dalla legge.
Si tratta di una soluzione che viene incontro ai gestori, ma anche alle amministrazioni comunali, che avevano già fatto sapere di non essere in grado di organizzare le gare entro il 2023, e che sembra aver avvicinato molto le parti, anche se inizialmente le richieste dei partiti erano di un rinvio da due e cinque anni, un periodo incompatibile però con le indicazioni dell’Europa e la linea del governo.
Il testo è stato analizzato in un vertice fra le forze di maggioranza e il governo, e ci sarà tempo fino all’arrivo in aula al Senato per altre piccole modifiche, ma l’esecutivo non sembra disposto ad allungare ulteriormente i tempi di approvazione, puntando al via libera definitivo alla Camera entro giugno.

Alessandro Martegani