Un libro, ma sarebbe meglio dire un monologo teatrale, per raccontare la strage di Bologna. La tesi è quella reinterpretazione cara alla destra, secondo cui, nonostante le sentenze definitive dei tribunali, su quegli eventi non sia stata fatta ancora piena luce. Per la magistratura fu una strage fascista orchestrata dai NAR. Per Gabriele Marconi c’è la “sensazione- per molti la convinzione- che su quel tragico evento non sia ancora detta la verità”. In sintesi ci sarebbero tanti perché e strade che non si sarebbero voluto percorrere. Il racconto così parla degli uomini del Fronte popolare per la liberazione della Palestina di George Habbash, del terrorista Carlos e del suo gruppo. Una vicenda intricata di politica internazionale, di strani traffici e movimenti di armi, che passano anche per Capodistria. Per Marconi c’è tutto il diritto, anzi il dovere, di dubitare della sua chiave di lettura, ma ci tiene a precisare che nessuna notizia riportata nel testo non è una supposizione o un’illazione. Tutto viene da documenti che non possono essere smentiti, poi ognuno può arrivare alla sua interpretazione di quei fatti. Intanto a quarant’anni dalla strage di Bologna il dibattito, la polemica ed il confronto non paiono per nulla sopiti e sembrano destinati a proseguire anche in futuro.

Stefano Lusa

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