La manifestazione di Acca Larentia
La manifestazione di Acca Larentia

Il carattere commemorativo del “saluto romano” non implica automaticamente una neutralizzazione del reato di apologia del fascismo.
La Corte di Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui il 18 gennaio scorso aveva disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra, che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016, ridimensiona un precedente pronunciamento, dello scorso gennaio, in cui i giudici avevano affermato che il saluto romano è reato solo se rappresenta un rischio per la sicurezza o punta alla ricostituzione del partito fascista.
Semplificando molto, per la Corte esibirsi nel saluto fascista non si configurava come un reato se il gesto veniva fatto solo a scopo commemorativo, un principio che scardinava il collegamento diretto fra il braccio teso e la commissione di un reato.

La sede della Corte di Cassazione
La sede della Corte di Cassazione

Dopo tre mesi, però, la Corte ha ridimensionato la sentenza che, se pur interpretata spesso in modo strumentale, sembrava dare via libera a manifestazioni come quella di Acca Larentia. Per valutare se il saluto romano implichi reato o meno, dicono ora i giudici della Suprema Corte, vanno infatti considerati altri elementi come il contesto ambientale, la valenza simbolica del luogo, il numero dei partecipanti, la ripetizione dei gesti" idonea "al pericolo di emulazione", e se in gesto sia o meno immediatamente ricollegabile al periodo storico del ventennio.
Una posizione che, ancora una volta, non indica una linea chiara e, come dice la stessa Cassazione, ogni caso denunciato andrà quindi valutato da un giudice che sarà chiamato ad accertare "in concreto, alla stregua di una valutazione da effettuarsi complessivamente, la sussistenza degli elementi di fatto". La Cassazione ha inoltre escluso che, “la caratteristica commemorativa della riunione possa rappresentare fattore di neutralizzazione degli altri elementi e, quindi, di automatica insussistenza del reato, attesi il dolo generico caratterizzante la fattispecie e la irrilevanza dei motivi della condotta".

Alessandro Martegani