Foto: Radio Capodistria
Foto: Radio Capodistria

Giovanni Brusca l’uomo che ha premuto il telecomando a Capaci, causando uno degli attentati più cruenti della storia italiana contro dei magistrati, e famoso per la sua crudeltà al limite del sadismo, che lo portò a sciogliere nell’acido addirittura un bambino, con tutte le cautele previste per un personaggio della sua caratura che ha deciso di collaborare con lo stato è stato scarcerato dopo 25 anni di prigionia.

Un’uscita anticipata di 45 giorni, per buona condotta, che sta facendo discutere l'Italia dove i familiari delle vittime avevano espresso, già prima del suo rilascio, preoccupazioni per il fatto che venisse rimandato a casa un boss dalla ferocia così inaudita da essere soprannominato nell’ambiente mafioro lo “scannacrtistiani”.

D’altronde, però, essendosi dimostrato un collaboratore “affidabile”, secondo alcuni, grazie proprio al sistema messo in piedi tra gli altri dal magistrato da lui ferocemente assassinato Giovanni Falcone ha potuto godere di questa significativa riduzione di pena.

La polemica si inserisce in un dibattito aperto lo scorso aprile dalla sentenza della Corte costituzione che ha dichiarato illegittime le norme che precludono al condannato di particolari gravi delitti, tra i quali quelli di mafia, ogni possibilità di liberazione condizionale, salvo il caso di utile collaborazione con la giustizia.

A questo punto pentiti o meno, molti boss mafiosi potranno vedere ridotte le loro pene e ritornare liberi senza dare nulla in cambio come bene o male hanno fatto in questi anni i collaboratori di giustizia grazie ai quali le organizzazioni mafiose e il loro funzionamento sono diventati finalmente chiari alle forze dell’ordine ed alla magistratura che hanno potuto combatterle in modo più efficace.

Barbara Costamagna