Foto: EPA
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Dietro all'avvertimento russo di "conseguenze irreversibili" verso l'Italia, nel caso aderisse al nuovo piano di sanzioni contro Mosca e all'attacco al ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, da parte dell'ex console russo a Milano e direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri, Alexei Vladimirovich Paramonov, ci sarebbero accordi commerciali per farmaci e strumentazione, cartelle cliniche con i dati sanitari di pazienti e soprattutto un accordo per la realizzazione del vaccino russo anti-covid Sputnik.

La diplomazia e l'intelligence temono in realtà che le eventuali rivelazioni potessero riguardare alcuni fatti accaduti a partire da marzo 2020, quando in Italia arrivò una delegazione russa
La versione ufficiale parlava di aiuti per affrontare l'emergenza pandemica. In realtà si parla di una missione con altri scopi.

La sera di 22 marzo 2020 all'aeroporto militare di Pratica di Mare, alle porte di Roma, atterrarono tredici quadrireattori decollati da Mosca. Ad attenderli ci fu il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l'accordo per la missione fu preso il giorno precedente con una telefonata tra l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente russo Vladimir Putin. Il livello dei rapporti tra Italia e Russia in quel momento era all'apice. Nel luglio precedente Putin venne ricevuto con tutti gli onori a Villa Madama per una cena che unì imprenditori e politici, con rappresentanti del Movimento 5 Stelle e Lega a fare gli onori di casa.

In quel momento, quando ha inizio la missione, l'Italia conta 80.539 positivi da Coronavirus e 8.165 decessi. A preoccupare è soprattutto la carenza di ventilatori e mascherine. Ne servono milioni al giorno ma l'Italia non ne produce e quindi la ricerca all'estero è spasmodica.

Ecco perché la missione russa viene accolta con entusiasmo, ma qualcosa non torna: ufficialmente si tratta di aiuti sanitari ma nella lista dei 104 nomi ci sono solo 28 medici e quattro infermieri. Gli altri sono militari. Quello che si pensa è che la delegazione proveniente da Mosca abbia potuto utilizzare le informazioni, ma anche reperti genetici ed i dati riservati relativi ai pazienti e all'organizzazione delle strutture sanitarie italiane, informazioni utili per poi arrivare alla produzione dello Sputnik.

Ma questa non fu l'unica occasione, visto che nell'aprile 2021 la Regione Lazio firmò un patto "per la collaborazione scientifica tra l'Istituto Spallanzani di Roma e l'Istituto Gamaleya di Mosca per valutare la copertura delle varianti di Sars-CoV-2 anche del vaccino Sputnik V".

Nonostante Ema non abbia mai autorizzato lo Sputnik, tra le due strutture sanitarie ci sono stati numerosi scambi di dati "sensibili" relativi al Covid. Ad ogni modo lo Spallanzani ha interrotto la collaborazione solo qualche giorno fa, quasi tre settimane dopo l'inizio dell'invasione.

Davide Fifaco