Luigi di Maio e Matteo Salvini Foto: Radio Capodistria
Luigi di Maio e Matteo Salvini Foto: Radio Capodistria

È il fisco il nuovo terreno di scontro fra Lega e 5 Stelle. Le due forze di governo, in vista del consiglio dei ministri che dovrebbe esaminare il decreto fiscale, non concordano sui contenuti della cosiddetta pace fiscale, la sanatoria voluta dalla Lega per chiudere la maggior parte dei contenziosi.

Si tratta di un punto fondamentale per la Manovra, visto che proprio da questa operazione dovrebbe giungere gran parte delle coperture per provvedimenti come il Reddito di cittadinanza o la Riforma delle pensioni. La Lega punta ad allargare il più possibile la platea di cittadini interessati, con sconti sul dovuto, mentre i grillini, anche per motivi politici, sono disposti a concedere solo agevolazioni su interessi e sanzioni, aumentando le somme da incassare, ma riducendo anche le possibili adesioni all'operazione.

Dal testo poi sarebbero emerse delle incongruenze che metterebbero in discussione il gettito atteso dalla sanatoria: sia Matteo Salvini sia Luigi Di Maio assicurano che domani, dopo un vertice di maggioranza, il Governo approverà il decreto, ma non è escluso che slitti, così come la Manovra, per trovare una via d'uscita.

Non c'è accordo nemmeno sul futuro di Alitalia, dopo la proposta di Di Maio di intervenire con fondi pubblici affiancando la proposta d'interesse giunta da parte di Ferrovie dello Stato. Il ministro Giovanni Tria aveva rivendicato al propria autonomia ed escluso che il Ministero dell'Economia potesse partecipare al salvataggio, provocando però la reazione di Salvini: "Il ministro dell'Economia deve fare quello che dice il contratto di governo", ha dichiarato.

Non cessa intanto la tensione dopo i commenti negativi sulla Manovra da parte di molte istituzioni finanziarie europee e internazionali: il presidente della BCE, Mario Draghi, ha ricordato come per "i paesi dell'eurozona ad alto debito è di particolare importanza la piena adesione alle regole del Patto di stabilità", mentre la stessa Banca Centrale Europea ha escluso di poter sostenere l'Italia acquistando titoli di stato in assenza di un programma di salvataggio concordato "che verrebbe concesso solo in cambio di pesanti sacrifici e riforme economiche".