Foto: FNSI
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Sale di tono la protesta dei giornalisti italiani per quella che la categoria ritiene non una battaglia per la categoria, ma per i cittadini e la democrazia.
Al centro della mobilitazione, che potrebbe portare in futuro anche allo sciopero, c'è l'emendamento Costa, la nuova norma votata alla Camera, dalla maggioranza di centro destra e dal gruppo di Azione, che vieta ai giornalisti di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare, sia in maniera “integrale” sia “per estratto”, almeno fino al termine dell’udienza preliminare.
Si tratta, per le organizzazioni dei giornalisti italiani, dell’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio all’informazione: con la scusa di tutelare gli indagati, si toglie in realtà alla stampa la possibilità di fare il proprio lavoro e ai cittadini il diritto di essere informati.
Oggi avrebbe dovuto svolgersi la conferenza stampa di fine anno della premier Giorgia Meloni, che i vertici del sindacato dei giornalisti italiani, la Federazione Nazionale della Stampa, (la segretaria generale, Alessandra Costante, e il presidente, Vittorio di Trapani), avevano deciso di disertare in segno di protesta.
Visto il rinvio dell’incontro al 4 gennaio, la Fnsi ha comunque tenuto una giunta esecutiva, e poi ha manifestato di fronte Montecitorio, palazzo Madama e Palazzo Chigi, con il bavaglio sulla bocca: “Una passeggiata contro ogni bavaglio al diritto dei cittadini ad essere informati e per la dignità della professione.” È però solo l’inizio, dice la Fnsi, “della mobilitazione che il sindacato dei giornalisti metterà in campo contro provvedimenti che sanno di censura”.

La segretaria generale Fnsi, Alessandra Costante; a sin. il presidente, Vittorio di Trapani (Foto: FNSI)
La segretaria generale Fnsi, Alessandra Costante; a sin. il presidente, Vittorio di Trapani (Foto: FNSI)

"Questa – spiega la segretaria generale Fnsi, Alessandra Costante – non è una battaglia della casta dei giornalisti, ma una battaglia per la dignità del lavoro dei giornalisti e per il diritto all'informazione dei cittadini. L'emendamento Costa, che stabilisce che non si possa dire e non si possa scrivere nulla sull'ordinanza di custodia cautelare, né integralmente né per stralci, è l'ultimo di una serie di provvedimenti legislativi che in Italia sono stati approvati o sono in fase di approvazione e che restringono molto il campo d’azione dei giornalisti, e quindi restringono la libertà di informazione. Si tratta di una posizione che è in controsenso con tutto quello che prevede l'Europa: abbiamo incominciato con la legge sulla presunzione d’innocenza al grido di battaglia ‘ce lo chiede l'Europa’: peccato però che l'Europa non abbia mai chiesto di non dare informazioni ai giornalisti su chi veniva arrestato o su chi veniva denunciato o sui casi di cronaca". "Forse è bene ricordare - aggiunge - che in base alla presunzione d’innocenza un caso importante, come quello sugli indagati nell'inchiesta sul covid a Bergamo, venne liquidato molti giorni dopo la notifica degli avvisi di garanzia con un comunicato stampa di nove righe: con l'emendamento Costa non si potrebbe dire nulla fino alla fine delle indagini preliminari, nessuna informazione per quanto riguarda l'atto con cui una persona viene tradotta in carcere o messa agli arresti domiciliari in base a gravi indizi di colpevolezza. Tutto questo limita moltissimo la possibilità per i cittadini di formarsi un'opinione, una propria opinione”.
“La Federazione Nazionale della Stampa, insieme ai giornalisti italiani, è decisa a lottare contro questo stato di cose: chiederà all'Europa di accendere un faro sulla libertà d’informazione in Italia, perché ci sono una serie di provvedimenti che la stanno limitando. Negli Stati Uniti i politici vanno alle conferenze stampa e rispondono alle domande, e se non rispondono se ne vanno, in Italia invece siamo ormai abituati​ ai politici che vengono in conferenza stampa e leggono comunicati, oppure fanno dei video messaggi, e questa secondo loro sarebbe informazione”.
Quella di oggi è stata solo la prima di una serie d'iniziative, e Costante non esclude nemmeno il ricorso allo sciopero: "Abbiamo avviato una mobilitazione, il 3 gennaio si riuniscono i comitati di redazione, ovvero i sindacati interni dei quotidiani, delle radio, delle televisioni e dei siti on-line e decideremo, tutti insieme, se ci sono le condizioni per fare uno sciopero. Io direi che la sensibilità su questo argomento è alta, ed è alta perché non è non consideriamo questa mobilitazione una mobilitazione ‘contro’ qualcosa, ma la consideriamo tutti insieme una mobilitazione ‘per’ la dignità del nostro lavoro, che è un lavoro di rilevanza costituzionale. Qui c'è sempre qualcuno che tende a dimenticarsene, ma l'informazione è un bene primario per la Costituzione italiana”.
Anche gli ordini dei giornalisti si sono uniti “alla richiesta di non approvare il provvedimento, ritenendolo – dice una nota firmata da tutti gli enti di categoria - una legge bavaglio che lede il diritto dei cittadini ad essere informati, in particolare nel campo dell’attività giudiziaria”.

Alessandro Martegani