Foto: Reuters
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"Dopo un nuovo supplemento di riflessione ho capito che in questa fase ho ancora molto da fare per il M5s. Non mi è possibile dedicarmi ad altro”. Con queste parole Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha spiegato la sua rinuncia al seggio rimasto vacante dopo l'elezione di Roberto Gualtieri a sindaco di Roma, per le supplettive del 16 gennaio.

La candidatura era stata proposta dal segretario del Pd Enrico Letta, ma già prima della rinuncia di Conte erano emersi dubbi e perplessità visto che non era sicura la vittoria in un collegio, quello di Roma 1, storicamente feudo del Partito Democratico, che negli ultimi anni ha visto vincere Gentiloni e lo stesso Gualtieri, ma dove alle recenti comunali Carlo Calenda ha raggiunto il 30%.

Proprio il leader di Azione aveva fatto sapere che qualora Conte avesse accettato la candidatura sarebbe stato proprio lui a sfidarlo. In questo caso probabilmente la minoranza dei democratici ostili al Movimento 5 Stelle avrebbe optato proprio per Calenda, fornendo un assist al centrodestra che si sarebbe trovato contro un candidato indebolito.

Anche Matteo Renzi aveva commentato la possibilità in modo negativo, parlando di subalternità e sottomissione del Pd nei confronti di Conte, dicendosi non disponibile a votarlo. Renzi ha sottolineato inoltre che non appoggerà nemmeno le scelte di chi si alleerà con Meloni e Salvini.

Per molti la candidatura di Conte avrebbe contribuito a compattare il Movimento in vista del voto per il Quirinale, ma l'ex presidente del Consiglio si è detto certo che i 5 Stelle sarà comunque una forza politica unita e non ha dubbi sulla tenuta del gruppo parlamentare in vista della scelta del futuro Capo dello Stato.

Davide Fifaco