Foto: EPA
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Sul caso Ilaria Salis, il premier italiano, Giorgia Meloni, ha avuto un colloquio telefonico con il primo ministro ungherese Victor Orban. Meloni, nel pieno rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura ungherese, ha voluto "portare l'attenzione di Orban" sulla detenuta italiana in Ungheria. In precedenza, diverse iniziative diplomatiche erano state adottate, a partire dal 22 gennaio, dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, con il suo omologo ungherese.

La Farnesina chiede all'Ungheria misure alternative alla detenzione in carcere, mentre il servizio penitenziario magiaro parla di "falsità" sulle condizioni di detenzione. Intanto le opposizioni hanno chiesto un'informativa della premier Giorgia Meloni; in Italia il Garante dei detenuti si è attivato, in contatto con gli omologhi meccanismi in Ungheria e con l'Ue, per un intervento preventivo sulla tutela del detenuto, affinché siano eliminate tutte le misure inumane e degradanti, come le catene ai polsi ai piedi.

Comunque Budapest è nel mirino dell'Ue da tempo sul versante dello stato di diritto ma sul caso Ilaria Salis Bruxelles può poco, sebbene nei mesi scorsi è intervenuta sulla materia, emanando nel dicembre 2022 una raccomandazione che fissava alcuni principi chiave, ovvero che la custodia cautelare deve costituire una misura di ultima istanza; i detenuti devono essere trattati nel rispetto e nella dignità e in linea con i relativi obblighi in materia di diritti umani; devono essere compiuti sforzi per gestire la detenzione in modo da facilitare il reinserimento sociale dei detenuti, al fine di prevenire la recidiva. È stato proprio il comitato anti-tortura del Consiglio d'Europa, nel 2018, a censurare Budapest per l'esposizione in pubblico, quando non necessaria, di detenuti in catene o al guinzaglio.

Lo scontro giuridico tra la Commissione Europea e l'Ungheria è in atto anche sulla violazione dei diritti Lgbt, con l'esecutivo Ue che ha avviato una procedura d'infrazione nel 2021 mentre lo scorso febbraio ha deciso di portare il Paese magiaro davanti alla Corte di Giustizia. Quindici Paesi membri si sono uniti alla Commissione nel contenzioso, ma tra questi non figura l'Italia.

Davide Fifaco