Foto: MMC RTV SLO
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È compatta, nelle parole del premier Mario Draghi, la condanna del Parlamento italiano all'aggressione russa all'Ucraina e l'invito a Vladimir Putin ad ascoltare le voci di protesta dei suoi stessi connazionali ed abbandonare i piani di guerra. Si contano già un migliaio di arresti di cittadini russi che in questi giorni sono scesi pacificamente nelle piazze e nelle strade a manifestare contro l'attacco ordinato da Putin.

Intano il Parlamento italiano ha approvato con una larga maggioranza la risoluzione bipartisan che dà il via libera alle concessioni di armi "per la legittima difesa" degli ucraini e il ritiro immediato delle truppe di Putin, insieme al sostegno ad ogni iniziativa utile ad una de-escalation militare ed alla ripresa dei negoziati tra Kiev e Mosca. Bocciate tutte le mozioni contrarie, ma si registra anche qualche defezione nella maggioranza; clamorosa quella del presidente della commissione Esteri al Senato, Vito Petrocelli del Movimento 5 Stelle, con tanto di polemiche e richiesta di dimissioni.

Il presidente del Consiglio ha spiegato che l'invio di aiuti militari è un inedito per l'Italia, ma non significa essere "rassegnati" alla guerra, ma continuare a cercare la pace, in un momento "difficile" perché "chi ha più di 60 chilometri di carri armati davanti le porte di Kiev non vuole la pace in questo momento".
La via maestra rimane quella del dialogo, anche se attualmente appare impossibile perseguirla.

Draghi, in particolare sottolinea la gravità del momento, "il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari", che impone una reazione rapida, ferma e soprattutto unitaria".
L’Italia, intanto, si prepara alle conseguenze economiche di sanzioni che potrebbero ulteriormente intensificarsi. Tra queste la proposta di un registro pubblico degli oligarchi vicini a Putin. L'Italia rischia comunque di essere uno dei Paesi che avrebbe più da perdere se Mosca decidesse di interrompere le forniture di gas.
Nel piano contro la crisi energetica l'idea è quella di diversificare le fonti, guardando anche ai rigassificatori de al carbone, senza però aprire nuove centrali.

Davide Fifaco