Il saluto romano è fuori legge, perché evoca il disciolto partito fascista "che appare pregiudizievole dell'ordinamento democratico e dei valori che vi sono sottesi".
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, confermando la condanna a carico di Gabriele Leccisi, un consigliere comunale di Milano che, l'8 maggio 2013, fece il saluto romano a Palazzo Marino in occasione della presentazione del "Piano Rom".
Leccisi aveva steso il braccio dicendo la frase "presenti e ne siamo fieri". Alle proteste scatenate aveva cercato di dissimulare, trasformando il gesto in un saluto a un assessore, ma la Corte ha visionato i filmati e condannato il consigliere comunale in base alla legge Mancino, che punisce gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista e al decreto collegato che vieta la diffusione di idee fondate sull'odio etnico. Negata anche l'applicazione dell'articolo 131-bis del codice penale, che esclude la condanna quando il fatto è particolarmente lieve.
I giudici hanno contestato "le circostanze di tempo e di luogo, una seduta pubblica di particolare importanza, e la frase, collegata alla precisa volontà di rivendicare il credo fascista.
Rigettata anche la tesi incostituzionalità delle norme, ribadendo che il diritto alla libera manifestazione del pensiero finisce dove inizia l'istigazione al razzismo.
E alla manifestazione del libero pensiero è legato anche il caso di Palermo, dove una docente di lettere di 63 anni di un Istituto industriale è stata sospesa per due settimane per non aver «vigilato» sul lavoro di alcuni suoi studenti: durante la Giornata della memoria, avevano presentato un video nel quale accostavano la promulgazione delle leggi razziali al "decreto sicurezza" del ministro dell'Interno Matteo Salvini.
La decisione è stata presa dall'ufficio scolastico provinciale dopo una segnalazione via Twitter al ministro dell'Istruzione Marco Bussetti, ma il vicepreside della scuola, Pietro Corica, ha parlato di provvedimento «eccessivo», e diversi partiti politici, di centro e sinistra, e i sindacati hanno difeso la professoressa, che ha ribadito la necessità di garantire libertà di espressione agli studenti.


Alessandro Martegani


Foto: EPA
Foto: EPA