Foto: Reuters
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Le minacce, le intimidazioni, le pressioni sui giornalisti in Italia sono comportamenti che rimangono sostanzialmente impuniti.
È il dato sconfortante che esce dal rapporto elaborato da “Ossigeno per l’informazione”, organizzazione che monitora le intimidazioni e le minacce nei confronti dei giornalisti italiani, in particolare quelli impegnati in prima linea nelle regioni del sud, dove è più alta la presenza del crimine organizzato.
In tre anni l’impunità per i reati contro i giornalisti è scesa del 4,7 per cento, passando dal 96,7 del 2019 al 92 per cento del 2022, ma si tratta di una percentuale ancora troppo alta, nemmeno un reato su dieci viene perseguito.
Il tasso d’impunità viene calcolato sul numero degli operatori dell’informazione che hanno subito intimidazioni, pur avendo agito nel rispetto della legge e della deontologia professionale. L’organizzazione ha registrato ben 322 cronisti minacciati di morte o violenze fisiche ma anche colpiti dalle ormai diffuse “querele temerarie”, cause spesso milionarie intentate con il solo scopo di mettere il bavaglio al giornalista scomodo.
Solo 27 del 322 giornalisti minacciati hanno visto processare e condannare il loro aggressore o autore di minacce, o hanno ottenuto delle scuse o il ritiro di una querela per diffamazione a mezzo stampa. Nel 66 per cento dei casi invece, non c’è stata alcuna accusa formale.
Alessandro Martegani