Palazzo Chigi
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Tutto rinviato per consentire a Mario Draghi di andare a Canazei per rendersi conto di persona della portata del disastro causato dal distacco di una parte del ghiacciaio della Marmolada, ma le tensioni fra i 5 Stelle e la maggioranza, oltre che fra il Presidente del Consiglio e il leader grillino Giuseppe Conte, rimangono in primo piano e saranno affrontate fra due giorni.
Subito dopo la notizia del disastro, era stato lo stesso Conte a contattare il Premier proponendogli di rinviare l’incontro, spostando poi anche il Consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle che dovrà approvare il nuovo accordo fra i due.
A far salire la tensione erano state le distanze fra i 5 Stelle e il resto della maggioranza sull’invio di armi in Ucraina, ma anche la scissione decisa la ministro degli esteri Luigi di Maio, fino ai presunti messaggi di Draghi a Grillo per cercare di far allontanare Conte dal vertice del partito.

Chi cerca un pretesto per generare l’incidente di percorso dimostra di non comprendere che siamo davanti a una situazione emergenziale e che andare al voto adesso significa bruciare i fondi del PNRR e portere il Paese nel baratro.

Luigi Di Maio

Draghi e Grillo hanno già smentito e l’incontro, più che sui rapporti personali fra i due, peraltro mai molto cordiali, dovrebbe vertere sul programma da sviluppare nell’ultimo anno di legislatura, a partire dall’applicazione del PNRR e dalla realizzazione delle riforme collegate, ma anche su tutte le politiche per il contenimento dei prezzi, fino al futuro di provvedimenti cari ai 5 Stelle come il reddito di cittadinanza, il superbonus o lo stop ai termovalorizzatori
Draghi aveva già detto che la maggioranza non potrà fare a meno dei 5 Stelle, ma non sembra molto disposto a trattare sul programma del governo, e sullo sfondo rimane l'incognita dell'uscita dall'esecutivo dei grillini con un eventuale appoggio esterno, un’ipotesi che piacerebbe all’ala dura del Movimento, anche per cercare di recuperare consensi, ma che potrebbe innescare una spirale di reazioni e portare il paese alle elezioni anticipate.

Se ci sarà una rottura o una distinzione, perché un appoggio esterno è una rottura, per noi porterà alla fine del governo e all'impossibilità di andare insieme alle elezioni.

Dario Franceschini

Una conseguenza su cui concorderebbero sia gli alleati sia il Quirinale, e su cui Luigi di Maio ha immediatamente attaccato. “Ci auguriamo – ha detto - che prevalgano in tutti i leader di partito responsabilità, serietà e senso delle istituzioni, ma temo che qualcuno stia solo cercando il pretesto per generare l’incidente di percorso” dimostrando di “non comprendere che siamo davanti a una situazione emergenziale: andare al voto adesso significa bruciare i fondi del PNRR, e invece di trasformare questa fase in un momento di ripresa, porteremmo il Paese nel baratro”.
Parole chiare anche dal ministro del Pd Dario Franceschini: “Se ci sarà una rottura o una distinzione, perché un appoggio esterno è una rottura, - ha detto - per noi porterà alla fine del governo e all'impossibilità di andare insieme alle elezioni”.

Alessandro Martegani