Maggiore sorveglianza nelle strutture ospedaliere, protocolli con le forze dell’ordine, l’uso dell’esercito per scoraggiare le aggressioni. Sono alcune delle ipotesi allo studio da parte del ministero della salute in Italia dopo l’ennesima aggressione avvenuta a Udine contro medici e sanitari.
I casi di aggressioni, verbali e anche fisiche, soprattutto contro chi lavora nei pronto soccorso, si erano moltiplicati nel corso della pandemia e purtroppo non sono calati, anzi, l’intolleranza verso i sanitari sembra aumentata negli ultimi tempi.
Proprio pochi giorni fa a Udine, due dottoresse sono state al centro di un nuovo episodio. Una delle due, Adelaide Andriani, 28 anni, ha subito un’aggressione nel parcheggio della sede della guardia medica dove era di turno: il padre di un paziente le ha messo le mani sul collo, ed è stata salvata solo dall’intervento della collega Giada Aveni.

Una vicenda che ha anche fatto riconsiderare alla dottoressa il proprio futuro: parlando con il vicegovernatore del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, Andriani, che ha ricevuto migliaia di manifestazioni di sostegno online, ha dichiarato che l’aggressione “è stata l'occasione per decidere di fare altro".
Riccardi, oltre a manifestare solidarietà alle dottoresse, ha assicurato che la regione prenderà “tutte le misure necessarie per assicurare la sicurezza degli operatori sanitari”.
Il fenomeno però è nazionale, come ha confermato il presidente della Federazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere, Giovanni Migliore, incontrando il ministro Orazio Schillaci. "Il ministro - ha detto Migliore – presenterà a breve una direttiva per consentire alle aziende sanitarie di stipulare protocolli operativi per garantire interventi rapidi delle forze dell’ordine in caso di aggressioni". Fra le proposte anche quella di prevedere la presenza dell'Esercito e delle forze dell'ordine nei presidi ospedalieri a maggior rischio perché in aree più disagiate, ma anche il blocco ai turni di notte nelle guardie mediche se c’è un solo operatore.

A chiedere la presenza dell’esercito negli ospedali è anche il sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed che, con il presidente Guido Quici, ricorda come le aggressioni si verifichino ormai tutti i giorni negli ospedali di tutta Italia ai danni di medici, infermieri e operatori sanitari. “Un'emergenza che richiede un intervento straordinario” dice il sindacato, che propone l'avvio di un'operazione “Ospedali sicuri”, sulla scia di “Strade sicure”, che già vede la presenza dei militari nelle città.
Dubbi però sull’uso delle forze armate negli ospedali sono stati espressi dal rappresentante del Cocer dell’esercito, Gennaro Galantuomo, che ha manifestato il timore che l’impegno nelle strutture sanitarie possa distogliere risorse da altri incarichi, e ha chiesto “consegne specifiche, altrimenti – ha detto - sarebbe imbarazzante svolgere funzioni che di solito svolgono le forze di polizia".

Alessandro Martegani