“Il Friuli Venezia Giulia rappresenta, ormai da tempo, un territorio di possibile espansione della criminalità organizzata”. Inizia così il capitolo dedicato al Friuli Venezia Giulia del rapporto semestrale della Direzione investigativa antimafia (DIA) in Italia, organismo che si occupa di contrasto alla criminalità organizzata.
Le mafie sembrano sempre più intenzionate a investire in attività lecite nella regione, un metodo per riciclare i fondi di provenienza illecita, e a individuare “nuove aree da infiltrare”, “anche in ambito transnazionale”.
Proprio per questo “la collocazione geografica fa della regione un naturale crocevia per i traffici, legali e non, di persone e di ogni tipo di merce”, come stupefacenti e sigarette, che viaggiano attraverso la Rotta Balcanica.
Le mafie però puntano però soprattutto a un “riciclaggio di dimensione transnazionale”, inserendo capitali di provenienza illecita negli investimenti sulle grandi opere, come i lavori di ampliamento dell’autostrada A4 e del porto di Trieste, “in fase di espansione, in virtù dello status di porto franco ampliato”, che richiede importanti potenziamenti infrastrutturali.
Uno scenario che diventa ancor più preoccupante alla luce degli investimenti che saranno realizzati in regione nell’ambito del recovery plan. “La ripresa economica, anche se lenta, ed il forte rilancio turistico di questa regione – dice la relazione - offrono numerose occasioni per gli investimenti mafiosi specie attraverso l’acquisto di strutture alberghiere, attività di ristorazione ed illecite attività di intermediazione finanziaria”. “Il Friuli Venezia Giulia – aggiunge - è ormai nell’obiettivo dell’attività della criminalità organizzata per la ricchezza del suo tessuto produttivo, costituito da numerose piccole e medie imprese e aziende”.
Anche nella regione poi dovrà essere posta attenzione “al fenomeno della gestione e dello smaltimento illegale dei rifiuti”, dove sono già state riscontrare infiltrazioni.
La Dia segnala la presenza di proiezioni delle “mafie tradizionali”, nella maggior parte dei casi impegnate in operazioni di riciclaggio, con “soggetti riconducibili alla ‘ndrangheta” che hanno cercato di inserirsi nei settori del trasporto in conto terzi e delle frodi finanziarie in Friuli, attività di organizzazione camorristiche nell’area di Gorizia, ed elementi riconducibili alla criminalità mafiosa pugliese nel pordenonese.
Non sono poi solo le organizzazioni criminali italiane a essere giunte in regione: nella relazione si parla di una “significativa e sempre più crescente operatività di gruppi criminali stranieri” pakistani, afghani e maghrebini, attivi nel traffico di marijuana e hashish, gruppi nigeriani specializzati nello spaccio di eroina e cocaina, e organizzazioni albanesi che puntano ad attività illecite contro il patrimonio e al narcotraffico. Non manca la criminalità cinese “che si rivolge, come in altri contesti territoriali, all’interno della propria comunità”, con lo sfruttamento della prostituzione, ed evasione fiscale.

Alessandro Martegani