Un test in vista delle prossime elezioni politiche ma anche un’occasione per cambiare le regole sulle giustizia. È la doppia chiave di lettura dell’appuntamento elettorale del prossimo 12 giugno, che chiamerà alle urne nove milioni di elettori per rinnovare le amministrazioni di 950 comuni, ma anche tutto il corpo elettorale, 46 milioni di votanti, per esprimersi sui cinque referendum abrogativi sulla giustizia.
I quesiti avevano ricevuto via libera alla Corte costituzionale lo scorso febbraio, al contrario di proposte forse più sentite nel paese, come quella sull’eutanasia o sulla possibilità di coltivare cannabis, che invece erano state respinte.
Si tratta di quesiti proposti da Radicali e Lega, molto tecnici, che puntano a cambiare i meccanismi interni della giustizia italiana: si chiede agli elettori di abrogare alcune parti delle attuali normative, come la Legge Severino che prevede l'incandidabilità, l'ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, membri del governo e amministratori locali nel caso di condanna per reati gravi. Si punta poi a separare le carriere fra magistrati requirenti e giudicanti, a cambiare il metodo di elezione del Csm, l’organismo di autogoverno dei giudici, escludere la possibilità di "reiterazione del reato" dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari, e consentire agli avvocati di votare in merito alla valutazione dell'operato dei magistrati e della loro professionalità.
Argomenti che hanno creato gravi dubbi all’interno della magistratura, oltre a un aspro confronto nel paese, e che risultano di difficile comprensione per l’elettore medio: anche per questo il rischio di non raggiugere il quorum necessario per convalidare il risultato, il 50 per conto più uno degli aventi diritto, poco più di 23 milioni di voti, è assolutamente concreto. Secondo gli ultimi sondaggi solo il 30 per cento degli elettori dichiara di volersi recare ai seggi.
C’è poi la riforma della giustizia attualmente in discussione, che, se venisse approvata prima del 12 giugno, potrebbe far venir meno le ragioni dei proponenti su uno o più quesiti.
Alla consultazione referendaria potranno naturalmente partecipare per corrispondenza anche i cittadini italiani che hanno la residenza all’estero.

Alessandro Martegani