L’ennesimo ultimatum è scaduto, ma il braccio di ferro continua fra il governo italiano e Atlantia, la società che fa capo alla famiglia Benetton, titolare della maggioranza delle azioni di Autostrade per l’Italia.
L’esecutivo, dopo la decisione del Consiglio di amministrazione di Atlantia di metter sul mercato la società per venderla al miglior offerente, senza un accordo con Cassa depositi e prestiti per il passaggio allo Stato, aveva dato 10 giorni i tempo alla holding per trovare un accordo, ma Atlantia non sembra voler rinunciare al reale valore di mercato delle azioni, né a mettersi al riparo dai possibili risarcimenti generati dalle cause legali in atto per il crollo del ponte Morandi di Genova, o per altri problemi sulla rete.
Nonostante le dichiarate disponibilità al dialogo le posizioni sembrano essere ancora molto distanti: il governo accusa Autostrade di aver cambiato le condizioni dell’accordo raggiunto lo scorso luglio, mentre la società si difende affermandio di aver sempre dialogato ma di dover anche tutelare i propri azionisti.
Un muro contro muro che ha fatto riemergere con maggior forza l’ipotesi della revoca della concessione ad Autostrade, una misura estrema che annullerebbe il valore della società, presumibilmente innescherebbe una nuova serie di controversie legali fra il governo italiano e gli azionisti, e, per Atlantia, provocherebbe “un default sistemico gravissimo, esteso a tutto il mercato europeo, per oltre 16,5 miliardi di euro, oltre al blocco degli investimenti”, oltre alla la perdita di settemila posti di lavoro.
In realtà la rete ritornerebbe all’Anas, dipendenti compresi, con un impatto ancora difficilmente prevedibile: in ogni caso un Consiglio dei ministri sarà convocato entro 10 giorni e potrebbe, se Atlantia non presentasse soluzioni alternative, decidere per la revoca.

Alessandro Martegani

Foto: MMC RTV SLO
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