Foto: Reuters
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Trovato un secondo covo del boss mafioso Matteo Messina Denaro: si tratta di una sorta di bunker all'interno di un'altra abitazione nella stessa area del suo rifugio principale.
Non è ancora chiaro se si tratti del luogo in cui il capomafia occultava il suo tesoro, fatto di documenti riservati, pizzini, soldi che i magistrati cercano.

Intanto Messina Denaro ha trascorso le prime ore all'interno del penitenziario di massima sicurezza dell'Aquila, in regime di 41 bis. Dalle prime informazioni si apprende che le sedute di chemioterapia potrebbero essere disposte in massima sicurezza in una struttura all'esterno del carcere.

Nel frattempo, l'oncologo trapanese Filippo Zerilli è indagato nell'inchiesta sulla rete dei favoreggiatori del boss. Avrebbe eseguito l'esame del dna necessario alle cure chemioterapiche a cui il padrino di Castlelvetrano doveva sottoporsi. Il paziente si era presentato al medico con i documenti di Andrea Bonafede, la persona che gli avrebbe prestato l'identità e che, come Zerilli, è finito ora sotto inchiesta. Ma la caccia ai fiancheggiatori è solo all'inizio.

Si apre ora la parte giudiziaria contro Messina Denaro, che, come avvocato di fiducia, ha nominato la nipote Lorenza Guttadauro. Il processo di primo grado si è concluso con la condanna all'ergastolo e si è svolto in assenza dell'imputato, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via d'Amelio.

Nelle prossime ore, probabilmente nel carcere Pagliarelli di Palermo, fissata l'udienza di convalida dell'arresto di Giovanni Luppino, l'agricoltore 59enne di Campobello di Mazara finito in manette lunedì scorso dopo aver accompagnato il boss Messina Denaro nella clinica palermitana. Luppino è accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Al giudice dovrà spiegare i suoi rapporti con il padrino ricercato per trent'anni.

Davide Fifaco