Dopo tre anni e mezzo di combattimenti Dayton fu un enorme sollievo per la popolazione civile duramente provata dai bombardamenti e dalla pulizia etnica che avevano fatto rivivere al paese gli orrori della Seconda guerra mondiale. "Alija, firma!" diceva un graffito a Sarajevo in vista di una delle innumerevoli conferenze internazionali alle quali doveva prendere parte anche il presidente Izetbegović, come per dire "Non ce la facciamo più". Chi non ricorda l'assedio della capitale protrattosi per tutta la durata del conflitto, i campi di concentramento, l'eccidio di Srebrenica, anzi genocidio come ha sentenziato il Tribunale dell'Aja per l'ex Jugoslavia, e sullo sfondo quotidiano migliai di altri morti uccisi dal nazionalismo cieco, sostituitosi dall'oggi al domani alla vecchia unità e fratellanza? In tutto, quel delirio di odio è costato alla Bosnia Erzegovina, la più multietnica delle repubbliche jugoslave, più di 100.000 morti e più di due milioni di profughi riparati all'estero o in altre parti del paese. Da questo punto di vista grazie a Richard Holbrooke e agli americani che dopo Srebrenica dissero basta, ma come tante volte nella storia, soprattutto quella più recente, la pax americana ha rivelato tutti i suoi limiti.
Oggi la Bosnia Erzegovina è un paese paralizzato dal suo stesso ordinamento istituzionale stabilito a Dayton. Un sistema estremamente complicato con due entità, una serba e una musulmano-croata, mai esistite prima. Lo stesso nome Republika Srpska, cioè Serba, è un pugno nell'occhio del buon gusto perchè premia la pulizia etnica di ampi territori dove croati e musulmani quasi non ci sono più. Srebrenica assegnata ai serbi? Ogni commento è superfluo. Anche l'altra entità, la Federazione musulmano-croata è più o meno in mano ai nazionalisti. Più contrastati quelli musulmani che incontrano un'opposizione crescente soprattutto a Sarajevo come hanno appena dimostrato le elezioni amministrative, molto meno quelli croati nell'Erzegovina dove si confrontano due frazioni dell'HDZ che non si limitano a sognare ma chiedono apertamente una terza entità tutta per loro, vale a dire il ripristino della famigerata Erzeg-Bosnia degli anni di guerra. E Zagabria sembra abbastanza favorevole, mentre la Serbia di Vučić non può permettersi di assecondare il separatismo della Republika Srpska di Milorad Dodik. Nel frattempo la Bosnia Erzegovina si sta svuotando. Il suo cammino verso l'Unione europea è bloccato dalle tante inadempienze e visto che le elite etno-politiche non hanno alcuna voglia di portare il paese in un'Europa nella quale malgrado tutto non c'è tolleranza per l'arraffa chi può al quale invece sono abituate, specie i giovani ci vanno da soli in cerca di una prospettiva.
Boris Mitar

Foto: Reuters
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