Foto: Reuters
Foto: Reuters

Mentre continuano le partenze dall’Afghanistan, sono due i temi che dominano le agende dei governi occidentali: da una parte il problema dell’evacuazione e dei profughi che a breve cominceranno ad aumentare e ai quali bisognerà trovare una sistemazione, dall’altra decidere se e come avviare dei rapporti con il nuovo regime di Kabul, con cui fra l’altro Pechino si è già assicurato un canale preferenziale.
La questione più urgente rimane quella di assicurare la possibilità di lasciare il paese a tutti i funzionari e militari stranieri, ma anche ai cittadini afghani che, per aver collaborato con il precedente governo e con le delegazioni straniere, rischiano ora il carcere o la vita.
Bruxelles ha già assicurato che “la priorità è l'evacuazione degli afgani che lavoravano per gli stati europei”, ma la Commissione sta anche lavorando a “un approccio complessivo” per l'Afghanistan “che fornisca una strada legale e sicura, affrontando i rischi dell'immigrazione illegale”.
“Un approccio condiviso” sull'Afghanistan è stato chiesto anche dal primo ministro britannico Boris Johnson e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel al termine di un colloquio a Downing Street, per “prevenire una crisi umanitaria” più grave oltre che per cercare d'influire sul futuro del paese, in particolare sul rispetto dei diritti umani. Anche il Premier italiano Mario Draghi ha assicurato che “l’Italia è al lavoro con i partner europei per una soluzione della crisi, che tuteli i diritti umani e in particolare quelli delle donne“.
Sul futuro del paese è però già in atto una partita fra le potenze mondiali che non esitano ad attribuire responsabilità per gli ultimi eventi: Washington ha ribadito di non voler più rischiare la vita di militari americani e di non essere mai intervenuta con l’intento di costruire nuovo Afghanistan. Terminare la missione “non è stato facile - ha spiegato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg -: quello che abbiamo visto nelle ultime settimane è stato un collasso militare e politico non prevedibile. La leadership politica afghana ha fallito nel trovare una soluzione politica”.
Una versione opposta a quella della portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha puntato il dito sugli Stati Uniti che, ha detto “in Iraq, Siria o Afghanistan, hanno lasciato turbolenze e divisione, caos, famiglie distrutte e devastazione”.
A un dialogo con i Talebani puntano Russia e Turchia: secondo il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov “i talebani stanno per ora dimostrando la volontà di rispettare l'opinione degli altri e di trattare per formare un governo in cui non ci siano solo loro, ma che preveda anche la partecipazione di altri rappresentanti afgani”. Anche il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha definito un “segnale positivo” il fatto che “i talebani stiano dimostrando la volontà di lavorare con altre forze politiche afgane”.
Alessandro Martegani