Foto: Reuters
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36,3 miliardi di euro di tasse risparmiate grazie alle agevolazioni fiscali: è una delle cifre che emergono dal rapporto dell'Area Studi Mediobanca sulle maggiori WebSoft mondiali.
Lo studio analizza i dati dei primi nove mesi 2022 e del triennio 2019-2021 delle 25 maggiori WebSoft internazionali, con ricavi superiori a 12 miliardi di euro ciascuna, 11 con sede negli Stati Uniti, nove in Cina, due in Germania e Giappone e una in Corea del Sud, e sottolinea, fra l’altro, come, dopo un periodo di decisa espansione degli anni passati, il fatturato dei colossi del web e dell’informatica sia destinato a subire un frenata.
Tra gennaio e settembre 2022 i maggiori operatori mondiali del WebSoft, come Google o Amazon, sono cresciuti in modo asimmetrico nel mondo: il Nord America con un più 13,7 per cento, ad esempio, tiene più di Europa e Asia dove la crescita si è fermata rispettivamente a un più 8,2 e più 6,6 per cento, mentre l’America Latina ha registrato una forte accelerazione con un più 24,9.
La grossa spinta al settore determinata dalla pandemia si è però esaurita, con un incremento del giro d’affari più contenuto per i settori che avevano beneficiato dei cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, come food delivery, cloud ed e-commerce, mentre aumentano settori come la vendita di viaggi online.

Foto: Area Studi Mediobanca
Foto: Area Studi Mediobanca

Il 2022 ha visto anche la prima flessione significativa delle quotazioni in borsa, con un crollo del 29,2 per cento al 18 novembre 2022. A fine 2021 la capitalizzazione delle 25 maggiori WebSoft valeva l’8,3 per cento del valore complessivo delle borse mondiali, mentre attualmente si ferma al 6,6 per cento.
A livello di singoli gruppi, i primi nove mesi 2022 hanno comunque visto l’impennata dei ricavi delle statunitensi Uber (+99,3 per cento), Booking (+63,5 per cento) ed Expedia (+43,2 per cento), seguite a distanza dalla coreana Coupang (+14,4 per cento) e dalla giapponese Rakuten (+13,7 per cento). Segno negativo e a doppia cifra per Activision Blizzard (-21,8 per cento), Qurate (-14,1 per cento), Vipshop (-13,9 per cento) e Wayfair (-12,8 per cento).
I primi tre player, Amazon, Alphabet e Microsoft, rappresentano comunque ancora la metà dei ricavi aggregati totali, con Amazon, in prima posizione dal 2014, che da sola rappresenta un quarto del fatturato totale con 414,8 miliardi di euro, la metà generato dal retail.
Un flusso di denaro imponente su cui però non mancano le ombre, come la constatazione che nel triennio 2019-2021 i giganti del web hanno “risparmiato” 36,3 miliardi di euro di tasse semplicemente contabilizzando gli utili nei paesi a fiscalità agevolata, dove viene registrato circa il 30 per cento dell’utile totale, con un risparmio fiscale di 12,4 miliardi solo lo scorso anno.
L'aliquota media effettiva risulta quindi pari al 15,4 per cento, inferiore a quella teorica del 21,9 per cento calcolata sui principali Paesi in cui operano. Per Tencent, Microsoft e Alphabet ad esempio il risparmio fiscale è stato rispettivamente di 13,4, 6,9 e 5,2 miliardi di euro.

Alessandro Martegani