Foto: Reuters
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Dopo un biennio in cui la Corea del Nord compariva tra i pochi paesi del mondo dove il Nuovo Coronavirus non era arrivato lo scorso maggio anche Kim Jong Un ha dovuto cedere ed ammettere i primi due contagi. Secondo la locale agenzia stampa si sarebbe trattato di un soldato diciottene e di una bambina di 5 anni.

I due avrebbero poi trasmesso il virus ai loro contatti più stretti che avrebbero sviluppato i tipici sintomi del COVID-19. Secondo i dati ufficiali, sino ad ora in Corea del Nord sono stati riscontrati 4.570 nuovi casi di persone che hanno avuto sintomi compatibili con quelli della malattia, per un totale di 4,74 milioni di contagi su una popolazione di quasi 26 milioni di abitanti. Solo 73 i decessi dichiarati, nonostante non esista alcuna campagna vaccinale, poichè il regime continua a rifiutare gli antidoti provenienti dall'estero.

Dati che i commentatori ritengono non affidabili sia perché nel paese non sono a disposizione test diagnostici affidabili sia perché i numeri forniti non risultano credibili visto che sicuramente la Corea del Nord non brilla per trasparenza e la comunicazione esterna è volta a dare un’immagine del paese molto edulcorata.

La cosa, però, che sta lasciando molti tra il basito e il divertito è la spiegazione che viene fornita per l’arrivo del virus nel paese. Il regime, infatti, ha iniziato ad imputare la sua circolazione a “oggetti estranei”. Si tratterebbe soprattutto dei palloncini con cui spesso gli attivisti per i diritti umani e i disertori nordcoreani scappati in Corea del Sud inviano messaggi di propaganda contro il regime di Kim. In questi si troverebbe da qualche mese anche il virus che proprio ad aprile sarebbe entrato in contatto con la popolazione, dopo una serie di lanci registrati in alcune aree del paese.

Sconsigliato, quindi, il contatto con qualsiasi oggetto che arrivi dal cielo, in modo da evitare qualsiasi contagio con il virus del COVID, ma anche con quello della democrazia.

Barbara Costamagna