Foto: Reuters
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Sono 307 milioni i cristiani che vivono in terra di persecuzione, numero che rimarca il fatto che la libertà di culto non è così scontata come in Occidente. Nel 31% delle nazioni, ovvero 61 su 196, il diritto viene violato e di conseguenza i rapimenti, atti di odio, conversioni e matrimoni forzati con minorenni sono aumentati. La Fondazione nel rapporto ha fatto una suddivisione: 28 sono gli stati contrassegnati in rosso come “paesi caldi” che indicano persecuzioni; quindi, luoghi pericolosi dove praticare liberamente la religione; altri 33 invece sono indicati con l’arancione equivalente ad alti livelli di discriminazione. Ad oggi, il continente più violento continua ad essere l’Africa, al quale appartengono 13 Stati dei 28 totali. Il Rapporto però è anche un modo per denunciare questa continua mancanza di rispetto per la libertà religiosa, e soprattutto per l’impunità. Sono 36 i Paesi del mondo dove i persecutori non vengono mai puniti per i loro crimini, e l’Aiuto alla Chiesa che soffre ha voluto lanciare questo allarme. In particolar modo si parla della Cina e dell’India, che nonostante le violazioni della libertà di culto e dei diritti umani non subiscono sanzioni da parte della comunità internazionale. La stessa situazione si verifica in Corea del Nord, Afghanistan, Nigeria e Pakistan; infatti, in 49 paesi su 61 è il governo stesso che perseguita i propri cittadini per motivi di natura religiosa. Quindi che messaggio vuole mandare la Fondazione con questo rapporto? Vogliono denunciare “l’aumento globale del potere di governi autoritari o di leader fondamentalisti che cercano di esercitare un potere illimitato, timorosi dell’autorità spirituale per la sua capacità di mobilitazione delle comunità religiose”.

B.Ž.