Foto: Oglasno sporočilo
Foto: Oglasno sporočilo

Di accuse al Bitcoin, la criptovaluta più famosa, ne sono state fatte molte, dall’essere una delle cause dell’instabilità finanziaria, fino a essere uno strumento per riciclare fondi sporchi, ma essere una delle cause della siccità nel mondo è una nuova frontiera.
Secondo l'economista finanziario Alex de Vries il mining di criptovalute, vale a dire la creazione di Bitcoin o altra moneta elettronica, attività notoriamente energivora, starebbe contribuendo in modo significativo alla crisi idrica globale, utilizzando l’acqua principalmente per il raffreddamento dei computer nei grandi data center.
In un articolo pubblicato sulla rivista “Cell Reports Sustainability”, l'economista ha stimato la quantità d’acqua consumata nelle attività di mining, valutata fra i 93 a 120 miliardi di litri l’anno solo negli Stati Uniti, l’equivalente del consumo medio di acqua di 300.000 famiglie. A livello mondiale il consumo nel 2021 sarebbe stato di 1.600 miliardi di litri, e si prevede che il consumo d'acqua causato dai Bitcoin aumenterà a 2.300 miliardi di litri nel 2023.
In Kazakhistan, importante centro di mining di cripto valute, le transazioni di Bitcoin hanno consumato 997 miliardi di litri di acqua nel 2021, aggravando di fatto la crisi idrica del paese.
Anche l’uso dei Bitcoin richiede più energia e acqua: una transazione sulla blockchain consuma in media 16.000 litri d'acqua, circa 6,2 milioni di volte più rispetto all’uso della carta di credito.
Secondo De Vries, se non verranno introdotti limiti, l'attività potrebbe influire negativamente sull'approvvigionamento di acqua potabile: la soluzione sarebbe quella di modificare il software del mining di Bitcoin e utilizzare energie alternative, ma l’invito è anche quello di considerare le conseguenze ambientali e valutare soluzioni sostenibili per mitigare l'impatto del mining sul pianeta.
Alessandro Martegani