Foto: EPA
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"L'indice della Libertà di Stampa", la classifica annuale dello stato dei media nelle nazioni, che viene regolarmente compilata da "Reporter senza frontiere", consegna una realtà con molti Paesi in cui non esiste la libertà nei media, che per diffondere informazioni si scontrano con varie interferenze e paure di dure rappresaglie da parte della politica o di individui potenti e potenzialmente molto pericolosi.

La maggior parte delle democrazie promuovono e tutelano il giornalismo indipendente in linea con il principio di libertà formulato dall'ONU nel 1948 e, per quanto concerne l'Europa, con l'articolo 10 della Convenzione europea e con l'art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

In cima alla classifica per la libertà di stampa troviamo al primo posto la Norvegia, seguita da Danimarca e Svezia. Tra le realtà europee Russia e Bielorussia sono agli ultimi posti al mondo, rispettivamente con la 155esima e 153esima posizione, mentre agli ultimi tre posti assoluti troviamo Iran, Eritrea e Corea del Nord.

Quest'anno la Slovenia è scesa di 18 posizioni nell'indice della libertà dei media, ed ora si classifica al 54esimo posto su 180 Paesi secondo il rapporto annuale di "Reporter senza frontiere", che mette in guardia contro un nuovo periodo di polarizzazione, intensificato dal caos nella stessa informazione. La situazione già problematica è stata resa ancora più difficile dal contesto economico, politico e socioculturale. Sicuramente anche le vicissitudini dell'agenzia di stampa nazionale STA, che rischiava di chiudere, hanno contribuito all'arretramento in classifica della Slovenia.

L'Italia si piazza più indietro di 4 posizioni rispetto alla Slovenia nella classifica, conquistando un poco lusinghiero 58esimo posto, risultato dovuto alla situazione di molti giornalisti minacciati, alcuni sotto scorta ma anche dello stallo di proposte di legge sulla tutela del diritto di cronaca, come ad esempio l'eliminazione delle querele, pratica che diventa una museruola per alcuni reporter. Mancano, inoltre, politiche di sostegno al lavoro regolare che contrastino il dilagante precariato.

Davide Fifaco