Foto: EPA
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Il 13 settembre 2022 Mahsa Amini fu arrestata dalla polizia morale a Teheran perché non indossava l’hijab in maniera conforme. Una ciocca fuori posto, questa sarebbe stata la grave infrazione della giovane, che apparteneva anche alla minoranza curda, cosa che probabilmente non l'ha aiutata.

Tre giorni dopo, il 16 settembre, la giovane ancora detenuta morì. Molte le scuse che verranno addotte dalla politizia: un infarto, o una malattia cerebrale conseguenza di un'operazione subita a otto anni, o semplicemente un trauma cranico dopo una caduta. Giustificazioni che non convinsero nessuno, visto che le piazze iranaiane iniziarono a riempirsi di manifestanti esasperati dalla crisi in corso e soprattutto dalla repressione sempre più stringente del regime.

Protesta che continua anche in questi giorni. Nonostante le continue repressioni, i manifestanti non si fermano e proseguono nel chiedere il rispetto dei diritti dei cittadini, a partire proprio dalle donne, vittime in questi decenni delle regole imposte da un regime teocratico, che sembra però mantenere salda la barra, nonostante il paese non pare voglia più seguire in toto la strada tracciata nel lontano 1979, quando la rivoluzione guidata dagli ayatollah trasformò la monarchia del Paese in una repubblica islamica sciita, la cui costituzione si base su u'interpretazione molto stringente della legge coranica (shari'a).

Oggi le proteste assumono la forma di una disobbedienza civile che vuole minare il sistema nelle sue parti più piccole, più quotidiane. In un anno ci sono state centinaia di manifestanti uccisi – molti minorenni –, migliaia di arresti e sette esecuzioni per impiccagione. Ma questo non sembra fermare gli iraniani, che ispirati da Mahsa hanno deciso di non avere più paura.

Barbara Costamagna