Vent'anni fa iniziavano i bombardamenti della Nato, i cui aerei nel 1999 per 78 giorni sganciarono bombe sulle principali postazioni militari della Serbia, ma anche su obiettivi ritenuti strategici quali ponti, fabbriche ed edifici pubblici, tra cui anche la sede della radio televisione nazionale. Si è trattato del primo intervento armato non legittimato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, avallato unicamente dai paesi membri dell'Alleanza Atlantica.

L'operazione ottenne il risultato previsto, quello di costringere il presidente serbo Slobodan Milošević a ritirare l'esercito dal Kosovo, che segnò anche la fine del suo regime. La Nato decise per i bombardamenti aerei dopo settimane di mediazioni e trattative fallite della comunità internazionale che voleva indurre Miloševič a far ritirare l'occupazione militare serba, in Kosovo per garantire la difesa dei confini nel tentativo di interrompere i continui rifornimenti di materiale bellico che giungeva ai ribelli dell'UCK dall'Albania. Ma disattese le risoluzioni ONU, e fallito il trattato di pace di Rambouillet, la Nato decise di intervenire militarmente nella crisi, facendo partire gli aerei da diverse basi in Italia, in primo luogo da Aviano.

Il conflitto del 1998-1999 per l'indipendenza del Kosovo tra le forze serbe e i guerriglieri indipendentisti albanesi ha causato circa 13 mila vittime, quasi tutti albanesi del Kosovo, esiliate quasi un milione di persone fino alla fine degli interventi della Nato, mentre, secondo il Governo serbo nei bombardamenti Nato sono state circa mille le vittime militari, due mila quelle civili, 500 secondo l'organizzazione Human Right Watch. Gli attacchi vennero sospesi il 10 giugno del 1999 dopo la firma dell'accordo militare tecnico sul ritiro dell'esercito e delle forze di polizia jugoslava dal territorio di Kosovo e l'invio del KFOR, la forza militare internazionale guidata dalla Nato.

Le vittime dei bombardamenti verranno ricordate in una cerimonia solenne domani a Niš mentre e' stata rinviata al 9 aprile la grande parata militare voluta dal presidente serbo Aleksander Vučič oggetto di aspre critiche da parte dell'opposizione, dai vertici delle forze armate e da diversi analisti politici secondo cui le sfilate militare si organizzano per celebrare la vittoria e non le sconfitte, ovvero l'inizio della distruzione di uno stato. /LD/

Edificio del ministero della difesa serba a Belgrado mai ricostruito dopo i bombardamenti NATO. Foto: AP
Edificio del ministero della difesa serba a Belgrado mai ricostruito dopo i bombardamenti NATO. Foto: AP