Foto: Reuters
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Nessun nuovo accordo sul grano, solo qualche timido accenno di un percorso politico per un dialogo tra le parti, per quanto circostanziato. L'incontro di ieri a Sochi, in Russia, tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, non ha portato ai risultati sperati e la discussione sul possibile rilancio dell'export dei cereali ucraini rimane in stallo. I colloqui, come ha riferito il portavoce del Cremlino, sono stati "molto costruttivi": tuttavia, i due Paesi non sono giunti alla firma di alcun documento. All'indomani del colloquio Erdogan ha aperto però all'ottimismo reiterando la convinzione che presto saranno ottenuti "buoni risultati". "La Russia ha due richieste particolari - ha spiegato il leader di Ankara - Una riguarda il collegamento della Banca russa dell'Agricoltura al sistema Swift e la seconda riguarda l'assicurazione per le navi utilizzate nei trasporti".
Mosca non cambia la posizione già ribadita in passato: la Russia potrebbe ripristinare gli accordi sull'export di grano ucraino attraverso il Mar Nero solo a patto che vengano rimosse le restrizioni alle esportazioni dei prodotti agricoli russi. Sulle condizioni imposte da Mosca non si è fatta attendere la risposta di Kyiv: "L'accordo sull'export di grano attraverso il Mar Nero deve essere ripristinato - ha affermato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba - ma senza accettare i capricci e i ricatti della Russia". Le difficoltà politiche per l'Ucraina però arrivano anche dal fronte interno con il recente avvicendamento al ministero della Difesa, oltre che dal campo di battaglia. Oleksiy Reznikov andrà a Londra come ambasciatore, e a Kyiv sarà sostituito da Rustem Umerov, tataro di Crimea che già supervisiona la gestione degli aiuti militari occidentali. Il cambio era nell'aria da diverso tempo, dopo che Reznikov era stato accusato di essere coinvolto in un caso di corruzione su alcune forniture militari dalla Turchia a prezzo gonfiato, uno scoop giornalistico realizzato dai media ucraini. Prezzi triplicati pagati a un'azienda turca di cui uno dei proprietari sarebbe, secondo i media, Oleksandre Kassai, nipote di Gennadi Kassai, membro del partito del presidente Volodymyr Zelensky. Insomma, la strada per un accordo che potrebbe aprire qualche spiraglio di pace sembra essere sempre più complessa.