Si e' aperta la prima giornata del processo di impeachment, il secondo, contro l'ex Presidente Trump. L'apertura ha visto la discussione sulla costituzionalita' o meno dell'impeachment stesso e sulla legittimita' del Senato a esprimere un verdetto su un ex Presidente. Nei prossimi giorni sara' la volta dell'accusa e poi della difesa, che avranno 16 ore a disposizione per esporre le loro tesi. Si procedera' quindi per l'intero fine settimana dopo che uno dei legali di Trump ha ritirato la richiesta di sospendere i lavori per la celebrazione del Sabbath ebraico. La battaglia al Senato ha visto una prima vittoria per l'accusa in quanto la maggioranza dei senatori ha votato per la costituzionalita' del processo, respingendo cosi' la tesi secondo cui il Congresso non puo' decidere la condanna o meno di un ex Presidente. Cio' e' avvenuto nonostante l'avvertimento dei legali di Trump, i quali hanno evidenziato che l'impeachment e' un'operazione puramente politica che rischia di distruggere il paese. Mai nella storia statunitense un Presidente ha dovuto affrontare la messa in stato d'accusa per due volte, ma Trump si e' detto fiducioso perche' attualmente i numeri sembrano giocare a suo favore. Per condannarlo infatti sono necessari almeno 17 senatori repubblicani, che dovrebbero votare con i 50 senatori democratici, ma sono 45 i conservatori che hanno votato il 26 gennaio scorso contro l'impeachment, ritenendolo incostituzionale. Sotto pressione sono attualmente i 5 senatori repubblicani che hanno gia' votato con i democratici. Una vittoria di Trump con il suo proscioglimento lo metterebbe in condizioni di assumere il controllo del partito e di preparare la corsa per le presidenziali 2024, ma i senatori repubblicani monitorati e che rischiano di entrare nella lista nera di Trump sono 22, tutti quelli che in queste ore, secondo voci di corridoio, appaiono indecisi sul da farsi. Indecisi se forzare la mano e provare a imprimere una svolta al partito portandolo oltre Trump, ma con il rischio di ritrovarsi con il cerino in mano nel caso il tycoon uscisse indenne dalla bufera. Un rischio anche per le elezioni di meta' mandato del 2022, che mettono in gioco un terzo dei seggi del Senato.

Franco de Stefani

Foto: Reuters
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