Si sono dati appuntamento davanti al parlamento i richiedenti asilo per essere ascoltati; “la parità di trattamento riferendosi ai profughi ucraini, la riduzione del permesso di lavoro che ora è di nove mesi e il miglioramento delle condizioni di vita nei centri di accoglienza” sono le richieste principali scandite dall’iniziativa dei richiedenti. Da precisare che pure i profughi ucraini, in questo momento, stanno vivendo nell’incertezza inquanto per il momento non è chiaro se otterranno in tempo la protezione temporanea. Le unità ammnistrative del paese sarebbero infatti in ritardo cosa che potrebbe causare una serie di situazioni spiacevoli dal punto di visto burocratico. “Le richieste di asilo accolte possono essere contate con le dite di una mano, le uniche soluzioni restano la fuga o la deportazione” lo ha affermato l’attivista Miha Blažič spiegando che durante il periodo di attesa della protezione internazionale, i richiedenti non hanno la possibilità di lavorare e percepiscono solamente 18 euro al mese e di conseguenza vivono in estrema povertà. La maggioranza di queste persone sono giunte in Slovenia attraversando la Croazia, paese dal quale vengono spesso “maltrattate, picchiate, derubate e torturate prima di essere rispedite in Bosnia senza la possibilità di richiedere l’asilo” ha detto Blažič. Come ha inoltre spiegato un membro dell’iniziativa “non abbiamo avuto altra scelta se non quella di venire in Slovenia, dove siamo al sicuro dalle violenze, potete immaginarvi lo shock che abbiamo subito dalla notizia appresa dal ministero degli interni che intende rispedirci in Croazia”. In passato sarebbero stati 35 mila i migranti espatriati dal Ministero. Un altro membro dell’iniziativa ha invece sottolineato il problema del sovraffollamento dei centri di accoglienza e del cibo, che sarebbe insufficiente. Dan Juvan, segretario di stato al Ministero del lavoro ha ribadito che la direttiva europea che disciplina il diritto al lavoro per i richiedenti asilo prevede che gli stati membri devono garantire questo diritto entro nove mesi, in Svezia ciò accade già il primo giorno, ha detto Juvan. A riguardo il segretario ha detto che è in fase di realizzazione una proposta di compromesso per accorci are i tempi di attesa a tre mesi. L’esecutivo dovrebbe decidere a riguardo la prossima settimana.

Dionizij Botter

Foto: BoBo
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