Foto: MMC RTV SLO
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Ma andiamo con ordine. Il 5 ottobre scorso a Lubiana era andata in scena l’ennesima manifestazione contro i provvedimenti del Governo per limitare la pandemia. I promotori si erano dati appuntamento il giorno stesso in cui al Castello di Brdo era in programma la più importante delle iniziative della presidenza slovena dell’Unione Europea: il vertice sui Balcani occidentali. Proprio per questo l’esecutivo aveva limitato la libertà di movimento. Il provvedimento era stato immediatamente contestato in maniera durissima dall’opposizione e da parte della società civile. Le cose nella capitale si erano messe male quando il rapper Zlatko aveva invitato i manifestanti a lasciare Piazza della Repubblica per portare la protesta nelle vie di Lubiana. Immediatamente la polizia aveva fatto uso di idranti e lacrimogeni. Alla fine, ne sarebbero stati sparati circa 400 avvolgendo il centro capitale in una cortina fumogena. Dal centrodestra non sono mancati plausi per la decisa azione degli agenti, mentre dal centrosinistra sono piovute severe critiche. La battaglia si è immediatamente spostata sui social dove Gantar ha scritto che “per città circolano gang organizzate che lanciano lacrimogeni e bagnano le persone inermi”. La considerazione gli è valsa una denuncia da parte del Capo della Polizia, Anton Olaj, che non ha mancato di prendersela anche con altri utenti che hanno scritto considerazioni - a suo dire - offensive sui social. Adesso è arrivata la prima multa. Gantar ha già annunciato che darà battaglia in sede giudiziaria. Lui d’altronde è considerato un intellettuale organico, un osservatore critico della società, che non ha mai rinunciato all’impegno politico. Ex presidente della Camera di Stato in quota al Zares, Gantar era stato prima anche deputato e ministro della Democrazia Liberale. Negli anni Ottanta era stato uno dei più autorevoli esponenti delle forze sociali e politiche che avevano contestato il regime comunista, chiedendo il rispetto dei diritti umani, una politica verde e diritti per la comunità LGBT. Ha fatto parte anche della presidenza del Comitato che, alla fine degli anni Ottanta aveva contestato, l’arresto, il processo, la condanna e l'incarcerazione di Janez Janša.

Stefano Lusa