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"L’Ajax ha ampiamente meritato di passare il turno, da parte nostra c’è la consapevolezza di essere stabilmente nei quarti da ormai 5-6 anni e questo deve essere un motivo d’orgoglio. Quando abbiamo iniziato il nostro percorso eravamo 43.esimi nel ranking europeo, oggi siamo quinti. La Champions era un nostro obiettivo e posso dire che lo sarà anche nella prossima stagione. Il nostro è un undici giovane che può crescere ancora. Con Allegri in panchina? Sì, ha ancora un anno di contratto, ci troveremo a fine stagione per discutere. Abbiamo un parco giocatori e un gruppo dirigenziale che garantisce la continuità di un futuro prosperoso per la Juventus".

Si esprime così Andrea Agnelli subito dopo la cocente eliminazione ai quarti di finale per mano dell'Ajax, una squadra che arriva a determinati livelli ogni 15-20 anni, ma quando ci arriva, evidentemente la squadra ce l'ha. L'Ajax è una squadra che se non vince giocando all'attacco preferisce perdere. Sulla carta, i favori del pronostico pendevano dalla parte della Juventus. Che probabilmente perde anche sul piano economico-finanziario.

E allora vale la pena di fare un flash-back.

"Non accetto il fatto che un professionista che viene ad arbitrare una partita simile, con due squadre di questa tradizione e di questo tenore, non abbia la personalità, il coraggio per essere sereno e tranquillo. In più era anche impreparato, perché si vede che non ha visto la partita di andata e quello che è accaduto in quella gara. Perché altrimenti, da essere umano, non si può non avere la totale assenza di sensibilità per fischiare un rigore al 93’ dopo che una squadra ha fatto qualcosa di incredibile e memorabile. E’ riuscito a dare un rosso al sottoscritto, io non ho mai preso un rosso per proteste in vita mia, non sapendo forse anche che era la mia ultima partita. Magari pensava che avessi 25 anni, non ne ho idea. Però quella è un’aggravante: vuol dire che sei impreparato e che hai la sensibilità di un animale. Vuol dire che al posto del cuore hai una pattumiera, un bidone dell’immondizia, perché altrimenti non puoi fare quello che hai fatto all’ultimo minuto di una partita simile dove undici guerrieri, undici eroi, diciotto con quelli che erano in panchina, avevano fatto qualcosa di straordinario e di epico".

Siamo nell'immediato dopogara di Real Madrid - Juventus, quarto di finale di Champions della scorsa stagione. Dopo il 3-0 della gara di andata la rimonta sembrava impossibile. E invece al Bernabeu alla fine dei tempi regolamentari la Juventus vinceva 3-0. Ma per certe rimonte, a certi livelli, bisogna andare al 110%, per cui la possibilità di fare errori è più alta: una qualsiasi sbavatura può essere fatale. E così Velasquez si ritrova un pallone davanti dalla porta di Buffon: è un gol fatto, se non fosse per Benatia che lo carica lievemente. A quel punto il britannico Olivier concede la massima punizione, senza tuttavia espellere il difensore franco-magrebino. Ai bianconeri saltano i nervi, Buffon viene espulso, Chiellini fa il gesto dei soldi. Mentre Cristiano Ronaldo va sul dischetto e insacca con freddezza glaciale il gol-qualificazione.

A caldo possono scappare tante parole. Ma appena che la rabbia lascia il posto alla ragione, non è certo reato chiedere scusa, specie quando si fa brutta figura. Specie quando si contraddice uno dei pilastri alla base della propria filosofia, quandomeno comunicativa: "l'arbitro è l'alibi dei perdenti". Le Champions si vincono prima di tutto con l'atteggiamento. Sotto questo punto di vista, osservando le reazioni post-gara contro l'Ajax - se vogliamo una sconfitta più bruciante perché maturata in casa contro una banda di ragazzini - la lezione sembra essere stata abbondantemente recepita. Accampare alibi non serve.

Nel frattempo, la gran parte dell'Italia non-bianconera si dà alla pazza gioia, ripetendo i caroselli osservati all'indomani dell'eliminazione dalla Juventus dalla Coppa Italia. Dimostrazione della pochezza delle avversarie che la Juventus fronteggia in Italia. Perché se non si è mai visto nessuno centrare alcun obiettivo accampando scuse, di sicuro nessuno ha fatto alcunché semplicemente gioendo delle disgrazie altrui. L'impressione è che spesso si sia andati al di là dello sfottò, esprimendo rabbia e frustrazione, in particolare sui social. Un atteggiamento certamente evitabile, di cattivo gusto.

Lo sport produce valore aggiunto se consente di distrarsi dai problemi per un paio d'ore, provando emozioni in modo sganciato dalla propria vita: andando magari a sorridere senza un reale motivo apparente. Non un mezzo per scaricare le proprie insoddisfazioni e i propri istinti più beceri.

In ogni caso, dopo il titolo nel campionato femminile, la Juventus vince l'ottavo scudetto di fila mettendolo nelle uova di Pasqua dei propri tifosi. Il 35.mo, benché alcuni tifosi rancorosi e incalliti continuino a sostenere tesi fantasiose. Ed è stato uno scudetto stravinto e strameritato, benché contro la Spal abbia giocato una squadra "alternativa" in vista dell'Ajax: è arrivata una sconfitta, alcune contendenti in lotta per la salvezza si sono lamentate. Con il senno di poi, evidentemente non vincere quella partita - inconsciamente - forse un impatto lo ha avuto: avrà preservato le gambe e le energie fisiche, finendo forse per affievolire la "carica psicologica" dei bianconeri. I festeggiamenti hanno comunque avuto un tono minore.

Ma se Atene piange, Sparta non ride. Perché il Milan, l'Inter e il Napoli sono uscite malamente dalle Coppe. Qualche attenuante spetta forse solo ai partenopei: proverbialmente sfortunati in fase di sorteggio (dopo un girone duro in Champions League, i ragazzi di Ancelotti hanno pescato l'Arsenal) il Napoli ha pagato oiltremodo alcune sbavature nella gara di andata. Senza tuttavia esser riuscito a dimostrarsi mai in grado di impensierire i londinesi. Dispiace vedere ogni anno le squadre italiane uscire mestamente dall'Europa League (l'Ajax l'anno scorso ha perso in finale, per dire).

Nella stagione successiva al Mondiale senza Azzurri, ad Aprile ci ritroviamo con uno scudetto vinto matematicamente e tre posti su quattro in Champions (di fatto) assegnati. Inoltre abbiamo una squadra, partita con una penalizzazione, già retrocessa (quindi sicura di un cospicuo "paracadute"), e una con un piede in B. Rimangono la lotta per l'Europa, una splendida volata per il titolo di capocannoniere e una mezza corsa salvezza. Pochino. Ma comunque tanto, se guardiamo alle categorie inferiori dove non si capisce che valore abbiano le partite, viste le discontinuità emerse nei mesi scorsi tra piano giuridico e sportivo.

In questo contesto, non è semplice dividere chi vince da chi perde, in effetti.

E allora benvengano gli Europei Under 21, che l'Italia si appresta a ospitare assieme a San Marino. Benvengano soprattutto le parole del Comitato Organizzatore, che attraverso il project leader Andrea Stefani e del Presidente Alessandro Costacurta parlano senza mezzi termini di voler cambiare la cultura sportiva, di fair play, di portare le famiglie allo stadio, di far avvicinare agli stadi persone che (legittimamente) girano alla larga. Nei campionati di successo funziona co.

Non essendo un evento di primissima fascia, probabilmente si presta a uno degli scopi fondamentali del calcio. Andare allo stadio e rilassarsi guardando una partita, riaffermando i principi base dello sport, che sono sono semplici: dare il massimo, applaudire i più bravi e rispettare tutti - inclusi arbitri, regole, avversari e pubblico.

Che poi, a pensarci bene, da bambini questi principi li interiorizzavamo senza difficoltà. E proprio questi principi, in fondo, ci hanno fatto appassionare al gioco di gran lunga più bello del mondo.

Chissà cosa ci è successo dopo.