Foto: Radio Capodistria
Foto: Radio Capodistria

“Mili muoi è come mi chiamava mia nonna e significa piccolo mio, amore mio”, ci racconta Carlo Colombo dopo un’ora e mezza di spettacolo che testimonia, attraverso un viaggio sonoro, la storia della sua famiglia, ma anche quella - tormentata - della nostra terra. E lo fa in modo delicato, senza enfasi o faziosità anche perché l’intento prioritario è quello di far emergere la specificità di questi territori. “Non uno spettacolo che divide, ma un tentativo per far risaltare la ricchezza storica e culturale che caratterizza gli istriani e i dalmati”, spiega l’autore e interprete che con grande naturalezza, accompagnandosi con il pianoforte, l’ekatron e il toy piano, cantando canzoni tradizionali e brani originali scritti per l’occasione, rievoca le testimonianze e i racconti legati all’esodo dei suoi nonni. “In famiglia si parlava sempre di queste cose, per cui sono nato con le canzoni, con la storia, con la mentalità, ma lavorare su questo spettacolo è stato un momento di riscoperta, perché il legame con la terra è una cosa importante poiché non sono le persone che possiedono la terra, ma è la terra che possiede le persone”, ci dice Colombo e aggiunge: “Io sono nato a Treviso e certo quella è casa mia però quando vado a Neresine mi sento pure a casa, con il clima, con lo stile di vita mi sento a casa”.
Al centro della narrazione tre donne: Tina, la nonna materna nata e cresciuta a Neresine ed esiliata a Trieste, Livia la nonna paterna che abbandonò Fianona e la zia Nori riparata in America. La loro storia personale, le paure, i rischi, la fuga dalla propria terra e poi le difficoltà di adattamento, la nostalgia di casa e gli sforzi per ricostruirsi una vita s’intrecciano con la rievocazione dei fatti della grande storia offrendo allo spettatore un quadro complessivo che ben delinea uno dei periodi più tragici e tristi di questi territori. Nell’allestimento dello spettacolo, Colombo è partito dalle canzoni che sentiva da bambino, ne ha scritte nuove, ha sentito molti parenti, si è consultato con libri di storia. “È stato un lavoro molto lungo anche perché con un argomento del genere bisogna stare molto attenti a non dire stupidaggini, soprattutto non prendere posizioni di parte, suscitare polemiche; questa è una cosa che non volevo fare, volevo proprio raccontare la mentalità e lo stile di vita degli istriani e dalmati, quello era il mio scopo”, conclude Carlo Colombo.
Va detto infine che è stata la Comunità degli italiani di Buie a organizzare la serata che rientra nell’ambito delle manifestazioni in occasione del 10 febbraio, Giorno del ricordo. (lpa)