Oggi termina il dibattimento pubblico sulla legge sui media che ha preso il via il 12 di dicembre su proposta del Ministero della cultura. Aumentare la trasparenza che riguarda la proprietà dei media, la pluralità e l’autonomia giornalistica, viene così riassunto dal governo l’obiettivo che si pone di realizzare il disegno di legge sui media. L’attuale normativa è in vigore da circa 20 anni, mentre quella nuova dovrebbe entrare in procedura governativa entro la fine di marzo o la prima settimana di aprile; la legge in vigore è obsoleta, secondo il Ministero della cultura, il quale spiega che questa non disciplina i nuovi media e le soluzioni tecnologiche e non è in grado di garantire la pluralità mediatica. La riforma proposta si dovrebbe così basare su tre pilastri, autonomia, varietà e trasparenza, spiegano dal Ministero della cultura. Sempre secondo i proponenti la normativa aumenterà la possibilità di visionare gli inserti pubblicitari pubblici nei media. La legge dovrebbe inoltre poggiare le basi per un finanziamento efficiente e la lotta al discorso d’odio o hate speech , che verrà condotto seguendo le direttive elaborate da un apposito gruppo di esperti. Un particolare capitolo verrà invece rivolto all’intelligenza artificiale. Per la parte che riguarda invece il finanziamento, che quest’anno è stato di tre milioni di euro, questo verrà stanziato tramite un piano nazionale, non è invece chiaro chi sarà a stabilire l’ammontare dei fondi da stanziare. Prevista pure l’istituzione di un Consiglio nazionale per i media. Il ricercatore e professore danese, Aske Kammer, intervenuto recentemente a una tavola rotonda su invito della Ministra della cultura Asta Vrečko, aveva detto che la legge deve sostenere un ambiente mediatico pubblico e pure i media privati. “Non credo che i giornali, le trasmissioni radiofoniche o televisive stiano morendo, ma dovranno adattarsi a una situazione mutata in cui improvvisamente non sono più il mezzo più importante per la maggior parte delle persone” ha detto Kammer indicando come in Danimarca la TV pubblica viene finanziata direttamente dal bilancio dello stato, le sovvenzioni e dai contribuenti. Non sono esclusi i media privati i quali però devono attenersi al rispetto di criteri e standard molto rigorosi. Ma non mancano le critiche alla nuova proposta, l’ultima, quella del coordinamento dei media cattolici presso la Conferenza episcopale slovena sostiene che la normativa viola la Costituzione e gli accordi internazionali, limitando le libertà garantite. È stato evidenziato che la normativa introduce ingerenze nell'autonomia editoriale, economica e religiosa, con preoccupazioni riguardo alla limitazione della libertà di espressione. Sotto accusa l'articolo 34, che consentirebbe un intervento arbitrario dell'ispettore sulla libertà di espressione, e l'articolo 47, che regola la pubblicità statale, sottolineando rischi di controllo e manipolazione da parte del governo.

Dionizij Botter

Foto: Shutterstock
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